sabato 23 luglio 2011

Belgian Goalkeepers: THIBAUT COURTOIS (1992)

Sin dagli albori di questo sport, 
la scuola calcistica belga si è segnalata come fucina indefessa 
di portieri affidabili, alcuni capaci addirittura di segnare un’epoca 
ed entrare prepotentemente nell’immaginario collettivo.


Ripercorrendo a ritroso il secolo scorso, la mente degli appassionati prova idealmente a spolverare la coltre del tempo dalla memoria per far riemergere le leggendarie figure di Jan De Bie, medaglia d’oro nella VII Olimpiade di Anversa 1920 (un solo gol subito, il penalty trasformato dallo spagnolo Mariano Arrate, per ottenere l’unico alloro internazionale del piccolo regno dell’Europa Centrale), o Arnold Badjou, estremo difensore presente nelle tre edizioni della Coppa del Mondo incastonate tra le due guerre (1930-1934-1938). E poi ancora Robert Braet (autentico monumento ventennale nel Cercle Brugge), André Vandeweyer (l’indimenticabile ‘Zaza’, protagonista della “Union 60”, ossia la poderosa striscia di sessanta partite senza sconfitte messa su dalla Royale Union Saint-Gilloise tra il 9 gennaio 1933 
e il 10 febbraio 1935 che portò alla conquista di tre titoli nazionali consecutivi, gli ultimi di un club ai giorni nostri impelagato nelle serie inferiori),
Léopold Gernaey (perforato quattro volte sia dall’Inghilterra che dall’Italia del coach magiaro Lájos Czeizler nei Mondiali 1954), Jean-Marie Trappeniers (pluri-decorato con l’Anderlecht, squadra che nel 1964 rappresentò il proprio Paese con tutti i suoi undici effettivi in un match contro l’Olanda), Jean Nicolay (Belgian Golden Shoe 1963, istituzione nello Standard Liegi), Christian Piot (antesignano dei “portieri-goleador” sui calci piazzati: c’è la sua firma nel tabellino dei marcatori in un Italia-Belgio 2-1 del 26 gennaio 1977 a Roma, quando trafisse il ‘Giaguaro’ Luciano Castellini dagli undici metri) e il baffuto Theo Custers, pittoresco interprete del ruolo chiuso nella Nazionale Maggiore solo dalle ingombranti figure di Jean-Marie Pfaff e Michel Preud’hommei due fuoriclasse assoluti che i "Diables Rouges" hanno regalato al panorama internazionale nel trentennio dipanatosi 
a cavallo tra gli anni Settanta e i Novanta.


Archiviate le successive esperienze con Filip De Wilde e Geert De Vlieger, i pali del Belgio nel futuro prossimo potrebbero esser difesi da due prospetti su cui è doveroso porre la massima attenzione: Simon Mignolet (1988, Sunderland), ultimamente capace di scalzare Jean-François Gillet, Bailly e Silvio Proto 
nelle gerarchie del Commissario Tecnico Georges Leekens, e soprattutto
THIBAUT COURTOIS, la sorpresa più brillante 
della Jupiler Pro League 2010-2011.


nome: THIBAUT
cognome: COURTOIS

data di nascita: 11 maggio 1992
luogo di nascita: Bree [Limburgo, Fiandre - BELGIO]

ruolo: PORTIERE
piede preferito: sinistro

Altezza: 194 cm
Peso: 80 kg

Squadra attuale: appena ingaggiato dal CHELSEA FC,
nel 2011-2012 giocherà in prestito al CLUB ATLÉTICO DE MADRID
[Primera División - Liga Nacional de Fútbol Profesional, SPAGNA]


Nato a Bree l’11 maggio di diciannove anni fa, questo piccolo gigante (centimetri in parte ereditati dal padre, l’ex-pallavolista Thierry Courtois) 
è stato infatti uno degli artefici della splendida cavalcata intrapresa la scorsa estate dal Racing Genk, conclusasi a maggio con la conquista del terzo titolo nella propria storia per la gioia incontenibile della Cristal Arena, il catino 
de Mijnjongens Genkies’ costruito nel 1999 (anno del primo trionfo nazionale) e denominato in origine Fenix Stadion. In quegli stessi mesi, Courtois fu notato negli ‘Espoirs’ del Bilzen VV dai dirigenti bianco-blu; curiosamente, sin da bambino ricopriva il ruolo di terzino sinistro. La definitiva collocazione tra i pali la assunse con la nuova maglia, quando si offrì come volontario sostituto dell’estremo difensore titolare, infortunatosi alla vigilia di un torneo per giovani promesse organizzato in Germania: le sue confortanti prestazioni gli valsero il premio di miglior giocatore della rassegna, e la certezza 
di aver finalmente intrapreso la strada giusta sul rettangolo verde.

Peraltro, l’attitudine a bruciare le tappe è una peculiarità che lo ha accompagnato in tutta la sua ancor breve carriera, agevolata dalla sfrontata personalità naturale e un pizzico di sana ambizione. La contemporanea assenza dello squalificato Davino Verhulst e del sostituto Sem Franssen 
(il titolare d’inizio stagione, Logan Bailly, si era accasato al Borussia Mönchengladbach cinque mesi prima, anticipando di qualche settimana 
la firma di Sinan Bolat con lo Standard Liegi) convinsero l’allenatore Pierre Denier a buttarlo nella mischia non ancora maggiorenne il 17 aprile 2009, 
e nonostante fosse la sesta scelta del team appena qualche tempo prima, dato che l’alternativa rimasta in rosa era l’ugualmente imberbe Koen Casteels (passato qualche giorno fa all’Hoffenheim, altro ragazzo da seguire nel ruolo, così come il coetaneo Thomas Kaminski del Beerschot AC e Sven Dhoest, classe 1994, militante nel Club Bruges). L’avversario da affrontare era il K.A.A. Gent, guidato in panchina da un certo Preud’homme: un segno del destino?


Arresosi solo di fronte a due colpi di testa degli indisturbati Grondin e Custovic, entrambi su cross dalla sinistra disegnati da Thompson e Bryan Ruiz
il giovane sventò prontamente sul proprio palo un tentativo a botta sicura dell’incredulo Ljubijankic, liberato davanti alla porta dall’ennesima invenzione sulla banda laterale del costaricense. Il 2-2 al triplice fischio dell’arbitro Paul Allaerts (di Ngcongca e Huysegems le altre reti) suggellò l’esordio ufficiale e l’unica presenza nella stagione 2008/2009 dell’allora misconosciuto Thibaut, lasciando intravedere ai tifosi di casa il suo potenziale grezzo ma senza dubbio di buon livello.

L’annata successiva non è stata foriera di grandi soddisfazioni né sul piano personale né tantomeno per quanto concerne i risultati della propria squadra; terzo portiere all’ombra di Verhulst e dell’ungherese László Köteles, prelevato in estate dal Debreceni VSC, il talento fiammingo ha vissuto da spettatore 
non pagante le tribolazioni del Genk, alle soglie della zona retrocessione 
sotto la gestione di Hein Van Haezebrouck e autore di una lenta risalita 
con il sostituto Franky Vercauteren, capace di rivitalizzare un ambiente 
depresso centrando l’undicesimo posto finale e l’insperata qualificazione 
ai Preliminari di Europa League grazie ai play-off primaverili.

E’ stato proprio il nuovo mister, “piccolo principe dell’ala sinistra” 
con Anderlecht e Nantes nei suoi trascorsi da giocatore, a concedere 
fiducia incondizionata a Thibaut Courtois sin dalle prime battute 
della stagione 2010/2011, sancendo la sua definitiva consacrazione. 
Il giovane è stato bravo a cogliere al volo ogni occasione, sfoderando una sicura esibizione nel battesimo di fuoco in campo europeo al Veritas Stadion 
di Turku (29 luglio 2010, i finlandesi dell’Inter demoliti 5-1 a domicilio), 
bissata nell’esito positivo tre giorni più tardi in campionato: colpevole sul momentaneo vantaggio del Beerschot, siglato dopo soli sette minuti da Faris Haroun con un tiro tutt’altro che irresistibile sul primo palo, Courtois ha però salvato il risultato allo scadere, neutralizzando un velenoso diagonale di Bart Goor ed evitando di vanificare la doppietta del bomber Jelle Vossen. 

Il rendimento è aumentato col susseguirsi delle giornate, in maniera direttamente proporzionale alla partenza da applausi del Racing Genk, pregevole nell’inanellare nove vittorie in undici giornate (compreso un netto 4-2 rifilato ai rivali dello Standard), prima della doppia sconfitta patita in casa del KV Kortrijk (0-1 il 22 ottobre) e ospitando i campioni in carica dell’Anderlecht (1-2 nove giorni dopo, con reti avversarie siglate da Kljestan e dal solito Romelu Lukaku). La marcia è ripresa alla grande il 13 novembre, con Courtois capace di conquistare definitivamente i favori del proprio pubblico al cospetto del Cercle Brugge: col punteggio ancora inchiodato sullo 0-0, il ragazzo si rivela abile nel neutralizzare un rigore all’avversario Hans Cornelis, distendendosi in bello stile sulla propria sinistra e abbassando poi 
la saracinesca di fronte ai ripetuti attacchi del ghanese William Owusu, scatenato nell’arco dei novanta minuti eppure incapace di trafiggerlo 
in ben cinque occasioni, avute per giunta da posizione propizia. 
Incoraggiati dalla reattività felina dell’estremo difensore, i compagni 
riescono alfine a scrollarsi di dosso il periodo di crisi ed andare in gol 
con Marvin Ogunjimi, l’israeliano Elyaniv Barda e David Hubert, 
mediano di fatica dalla grande disciplina tattica. 

I riflessi pronti e l’agilità tra i pali sono i pezzi forti del repertorio di Thibaut, 
il tutto condito dall’istrionica verve con cui tende talvolta a rimbrottare 
i compagni di reparto distratti in copertura, guidandoli da par suo; non 
è un caso che i bianco-blu siano riusciti a chiudere la Regular Season con la seconda miglior difesa del lotto e solo ventisette reti incassate in trenta turni, nonostante il progetto di Vercauteren sia improntato principalmente 
su un modulo propositivo e spesso sbilanciato in fase offensiva (attacco più prolifico con sessantaquattro realizzazioni, una media di 2.13 per match). 
Il ragazzo può e deve comunque migliorare nel tempismo delle uscite alte, sfruttando le lunghe leve di cui è naturalmente dotato, e soprattutto nelle prese. Come la maggior parte dei portieri moderni, infatti, il belga tende 
ad accontentarsi di respingere il pallone in tuffo, piuttosto che rischiare 
di bloccarlo o lavorare su un posizionamento più accorto. 

Titolare inamovibile nei 2700 minuti della Jupiler League, Courtois ha mantenuto la sua porta inviolata in undici circostanze nella prima fase del campionato, ergendosi ad assoluto protagonista anche rispetto alle sofferenze patite dalla sua squadra contro Lierse (stoico sotto la neve caduta copiosamente sull'Herman Vanderpoortenstadion per difendere l'1-1), St.Truiden e Lokeren, baluardo quasi inespugnabile poi nel bel filotto finale messo insieme dal 22 gennaio al 20 marzo 2011, quando i ‘Genkies’ hanno chiuso il loro percorso con sei vittorie, un pareggio (1-1, riacciuffato in extremis dall’Anderlecht nello scenario amico del Constant Vanden Stock Stadion) e una sola sconfitta (inatteso 0-2 a domicilo dal Westerlo nel penultimo impegno), piegando tra le altre le favorite Bruges (1-0) 
e Standard Liegi (ancora due lunghezze di scarto come all’andata, 
in virtù dello 0-2 al Maurice Dufrasne Stadion). 

La decisiva post-season in primavera è cominciata invece in malo modo, con il Genk regolato senza appello e in rapida successione dallo Standard (1-2) 
e dai bianco-malva di Ariel Jacobs (0-2), dando l’impressione di aver ormai raschiato il fondo del barile energetico per produrre il massimo sforzo e non poter più opporre resistenza sotto i colpi delle avversarie più attrezzate. 
Ma nel calcio non c’è niente di matematico…


Una reazione veemente e orgogliosa, infatti, permette ai ragazzi di Vercauteren di riaprire il discorso con cinque successi nei sei impegni posteriori (l'unico passo falso è lo 0-3 sul campo del Bruges, rimediato malgrado il penalty ribattuto al doppiettista di giornata Ivan Perisic) per poi andarsi a giocare le proprie carte nell’ultima sfida casalinga (17 maggio 2011) agli indemoniati 'Rouches de Liège Axel Witsel, Daniel Opare, Sébastien Pocognoli, Mehdi Carcela-Gonzalez, Mohamed Tchité e il capitano Steven Defour, idolo locale alla Cristal Arena appena un lustro fa. Manco a dirlo, 
è stato proprio il giovane estremo difensore bianco-blu a rivelarsi preziosissimo “man of the match”, mettendo in ghiaccio con le sue parate 
il pareggio firmato dall’incornata del nigeriano Kennedy su corner corto del talentuoso Kevin De Bruyne e cross di Dániel Tőzsér a dodici minuti dal triplice fischio finale (lo 0-1 era arrivato al 45’+2 dal mancino ravvicinato 
di Eliaquim Mangala, lesto nel correggere una punizione dello stesso Defour), esaltandosi nel disinnescare il disperato forcing intrapreso dallo Standard nelle ultime battute, con tre miracolosi interventi in respinta che hanno mandato 
in visibilio gli astanti. Un trionfo meritato per una squadra partita a fari spenti, alla luce del contraddittorio torneo di appena dodici mesi prima, e intraprendente ai limiti dell’incoscienza nel sovvertire ogni pronostico estivo.

I frutti raccolti in questi ultimi tempi sono piuttosto copiosi anche a livello individuale per Thibaut Courtois: doppio premio come “Racing Genk Player of the Year”, assegnatogli dai propri supporters, e soprattutto il prestigioso riconoscimento di “Best Goalkeeper of the Year”, istituito nel 1984-85 dalla RBFA (Royal Belgian Football Association), il cui albo d’oro vede al vertice con quattro affermazioni Gilbert Bodart (qualcuno lo ricorderà ormai ultra-trentenne a difendere i pali di Brescia e Ravenna qui in Italia) 
e il succitato Preud’homme, strepitosa punta di diamante del Malines 
che incantò l’Europa sulla coda degli anni Ottanta. 

Ad ogni modo, il ragazzo nativo di Bree non potrà puntare per adesso a battere i loro record in patria, dato che la sua fragorosa esplosione ha suscitato l’inevitabile interesse di club stranieri come Manchester United, Tottenham, Newcastle, Benfica, Hoffenheim e Schalke 04, bruciati sul tempo dalla succosa offerta del Chelsea di Roman Abramovič e del neo-arrivato tecnico lusitano Villas Boas, che ha messo sul piatto una cifra vicina ai nove milioni 
di sterline per assicurarsene le future gesta. Felice di questo salto di qualità professionale, il promettente Courtois comincerà per il momento a misurarsi con gli attacchi atomici della Liga spagnola, dato che andrà in prestito all’Atlético Madrid per sopperire alla partenza dell’altro super-talento
David De Gea, fresco Red Devil alla corte di Sir Alex Ferguson.




Marco Oliva per FUTBOLANDIA DREAMIN'

mercoledì 13 luglio 2011

Il Messico è bi-campione del Mondo Under 17! La classifica finale e le pagelle della FIFA U-17 World Cup - Mexico 2011

XIV Copa Mundial Sub-17 de la FIFA
México 2011 (18 giugno - 10 luglio)




Davanti a quasi 100.ooo spettatori entusiasti
(98.943, record storico per questa manifestazione giovanile),
splendida cornice in un luogo di per sé leggendario
come l'Estadio Azteca di Città del Messico,
i padroni di casa hanno trionfato con merito
e sfatato la "maledizione della nazione ospitante".


Nelle precedenti tredici edizioni del Mondiale Under 17, infatti, non era mai successo che la squadra del Paese organizzatore alzasse al cielo il trofeo; appena due anni fa, la Nigeria visse una sorta di tragedia sportiva perdendo davanti al proprio pubblico l'atto conclusivo [15 novembre 2009, Abuja National Stadium: 0-1 dalla sorprendente Svizzera di Benjamin Siegrist, Nassim Ben Khalifa e il match-winner Haris Seferović], la stessa sorte che era toccata vent'anni prima alla sfortunata Scozia [24 giugno 1989, Hampden Park di Glasgow: 2-2 con l'Arabia Saudita, capace di rimediare 
nella ripresa al doppio vantaggio firmato da Ian Downie e Paul Dickov per poi vincere 5-4 ai rigori sfruttando gli errori dello stesso Dickov e Brian O'Neill, ipnotizzato dalla futura leggenda nazionale Mohammed Al-Deayea].


Stavolta il destino ha deciso di esser meno beffardo, premiando la nazionale che nel corso delle cinquantadue partite complessive si è dimostrata essere 
la più degna di un simile, prestigioso riconoscimento. La 'Tri' è dunque riuscita a bissare la memorabile vittoria di sei anni fa in Perù, laddove Carlos Vela 
e Giovani Dos Santos trascinarono i loro compagni lungo un percorso 
all'inizio tortuoso (due vittorie nette su Uruguay ed Australia nel Gruppo B, 
ma anche una sconfitta rimediata dalla Turchia di Nuri Şahin, prima di soffrire terribilmente nei quarti di finale e spuntarla solo ai supplementari contro una pugnace Costa Rica) ma poi impreziosito con due gemme esaltanti: 4-0 sull'Olanda e 3-0 nella finalissima dell'Estadio Nacional di Lima rifilato al Brasile di Anderson Luís de Abreu Oliveira, "Golden Ball U-17 2005" ed attuale centrocampista del Manchester United di Sir Alex Ferguson.
Nell'albo d'oro, il Messico ha raggiunto il Ghana (vittorioso nel 1991 
e nel 1995) con due successi, staccando URSS (1987), Arabia Saudita (1989),
Francia (2001) e Svizzera (2009), e adesso può sognare di raggiungere in 
vetta la Nigeria (1985-1993-2007) e lo stesso Brasile (1997-1999-2003), 
magari già dalla prossima occasione negli Emirati Arabi Uniti del 2013.


Paradossalmente, l'atto conclusivo di México 2011 è stato un po' scialbo rispetto ad un emozionante andamento generale; le due finaliste si sono dimostrate squadre solide e molto ben organizzate sul piano tattico, eppure sono state frenate dalla comprensibile emozione e soprattutto dal peso 
della posta in palio. L'arcigno Uruguay di Fabián Coito si è confermato 
già piuttosto maturo rispetto alla propria età, capace di chiudere tutti gli spazi 
e praticare un gioco invero poco brillante ma tremendamente efficace, 
costruito sulla solidità di una difesa granitica. Dal canto suo, il Messicnelle precedenti sei partite ha sciorinato grande calcio, lasciando intravedere una manovra frizzante e dai ritmi alti, grazie ad una rosa in cui forse non spicca 
nessun 'craque' assoluto, ma dalla cifra tecnica globale piuttosto elevata
(vedere per credere Jorge Espericueta ed il suo sinistro da leccarsi i baffi),
specie dalla cintola in su. Il 2-0 finale, che porta la firma in calce di 'Capitan Pollo' Antonio Briseño al 31' (con una deviazione sotto misura su sponda 
di testa dell'ottimo Carlos Fierro) e del subentrante Giovanni Casillas al 90'+2, bravo ad incrociare di sinistro un contropiede sviluppato dalle retrovie 
e ispirato dal sempre lucido numero dieci mancino Arturo González
è sicuramente l'esito più giusto di un match equilibrato e arbitrato con coerenza dal norvegese Svein Oddvar Moen. Resta intatta la sensazione di aver vissuto la vera finale anticipata all'Estadio Corona di Torreón (7 luglio), un palcoscenico in cui Messico e Germania hanno offerto un' esibizione straordinaria e dal risultato in bilico sino al triplice fischio del direttore di gara ecuadoregno Omar Ponce. I tedeschi si sono rivelati essere la miglior squadra dell'intero lotto di partecipanti insieme ai nordamericani; miglior attacco del torneo con ventiquattro reti distribuite in sette match (record assoluto nella storia delle quattordici edizioni della competizione, una media impressionante di 3.4 a partita) e una pletora di talenti di ottimo livello, che hanno dato 
vita ad un gustoso antipasto nella 'finalina' per il bronzo contro il Brasile 
del genietto Adryan, un rocambolesco 4-3 in cui le difese si son concesse
novanta minuti di svago assoluto...


Come prevedibile, le condizioni climatiche e l'altura hanno talvolta pesato sulle prestazioni dei ragazzi; soprattutto nella prima fase, il mancato adattamento ai complicati fattori ambientali e il caldo umido hanno colto impreparate alcune attese protagoniste della vigilia (Olanda e Danimarca su tutte, deludenti rappresentanti del Vecchio Continente, che si è riscattato solo grazie alla baby-Mannschaft), influendo in parte sul piano fisico. Tuttavia, restano negli occhi le immagini di un torneo divertente e spettacolare, in cui abbiamo visto un po’ di tutto: un gol segnato da un portiere direttamente da calcio di rinvio (!), una pleonastica rete da centrocampo come unica gemma di una delle squadre più deludenti in assoluto, un estremo difensore che da capro espiatorio si trasforma in eroe parando due calci di rigore in una lotteria andata in scena negli ottavi di finale, le velleità di una talentuosa favorita d’obbligo alla vigilia squagliarsi al sole della propria eccessiva presunzione, le consuete coreografie africane per celebrare le loro piccole imprese personali, un infortunato che previa doverosa fasciatura alla testa rientra in campo e decide la suddetta, drammatica semifinale in mezza rovesciata, dopo aver subito una tremenda capocciata nel tentativo di correggere un corner poi finito ugualmente in fondo al sacco con l’aiuto 
del palo interno; insomma, senz’altro Mexico 2011 è stata un’edizione da ricordare. Alla faccia degli esasperati tatticismi ormai dominanti nei tanto strombazzati tornei dei “giocatori veri”… Verosimilmente, molti dei protagonisti di queste tre settimane messicane spariranno in futuro dai radar del calcio che conta, proprio perché non sempre tutte le giovani promesse riescono a confermarsi nella spietata 'selezione naturale' dei livelli più alti.
Alzi la mano chi è in grado di ricordare come sono proseguite le carriere dei ghanesi Nii Odartey Lamptey (fantomatico 'Pelé africano' premiato 
con il Golden Ball 1991 nella finora unica edizione italiana, di fronte a futuri fuoriclasse quali Alessandro Del Piero e Juan Sebastián Verón, per tacer 
di Marcelo Gallardo o Samuel Kuffour, e con tanto di approdo nel Bel Paese cinque anni più tardi da primo straniero dell'era-Zamparini a Venezia) e Daniel Addo (1993), Mohammed Amar Al-Kathiri (Oman, 1995), o perché no i più anziani William César de Oliveira (Brasile, 1985), Philip Osundu (Nigeria, 1987) e lo scozzese James Will (1989)... Insomma, non tutti gli esuberanti virgulti che abbiamo ammirato in Nordamerica si toglieranno le stesse soddisfazioni di uCesc Fàbregas (MVP di Finlandia 2003), ma la loro spensieratezza è un ricordo che non vogliamo cancellare, così come le rimonte impossibili e le caterve di gol realizzati (158, una media di circa 3.04
per match): non dovrebbe esser questa, in fondo, la vera essenza del calcio?

CLASSIFICA FINALE & PAGELLE
DELLE VENTIQUATTRO PARTECIPANTI

1° MESSICO [CAMPIONE]
Bilancio: 7 vittorie - 0 pareggi - 0 sconfitte; Gol Fatti = 17 / Gol Subiti = 7
voto 9
In controtendenza rispetto agli iniziali patemi del 2005, stavolta è arrivato 
un percorso netto a suggellare la trionfale scalata verso il trono iridato de 
'El Tricolor', autentico orgoglio nazionale. Oltre all'esito finale, c'è un curioso dato statistico che accomuna questa versione del Messico Under 17 con quella di sei anni fa, allenata dal CT Jesús Ramírez: il primo avversario di quella cavalcata fu proprio l'Uruguay di Gustavo Ferrin, e il risultato uno speculare 2-0, griffato Vela-César Villaluz. Stavolta l'ostacolo Celeste s'è presentato all'ultimo atto, e non è stato affatto uno scherzo superarlo, nonostante 
i pronostici favorevoli e le inevitabili scaramanzie cabalistiche. Uno dei protagonisti di questa pagina storica per il calcio CONCACAF, non ancora 
in grado di tradurre a livello senior i numerosi exploit giovanili, è stato senz'ombra di dubbio l'allenatore Raúl Gutiérrez, ex-laterale destro difensivo di media caratura con trentasette presenze nella Nazionale Maggiore e una dignitosa partecipazione alla torrida Coppa del Mondo di Usa '94, quando 
il Messico fece soffrire l'Italia di Arrigo Sacchi, futura finalista, vincendo il Gruppo E ed arrendendosi soltanto ai rigori contro la fantastica Bulgaria 
di Hristo Stoichkov. L'ambizioso 'El Potro' ha dimostrato sin dalle prime schermaglie la propria fiducia nel gruppo a disposizione, rassicurando i mass-media (ottobre 2010) sul fatto che la propria squadra avrebbe lottato per 
un posto al sole senza alcun timore reverenziale. Lungo il corso del torneo, 
il mister si è dimostrato un trainer duttile ed a proprio agio nella veste di trascinatore emotivo del gruppo, senza ignorare l'illuminata gestione delle risorse a partita in corso. La capacità di cambiar pelle nell'arco della stessa gara e le sostituzioni quasi sempre azzeccate sono state chiavi di volta determinanti per i ragazzi messicani, la cui avventura non era iniziata esattamente secondo i migliori auspici. Nel match d'esordio del 18 giugno all'Estadio Morelos, infatti, una papera del poco affidabile portiere Richard Sánchez (non sarà l'unica...) aveva spianato la strada al fulmineo vantaggio della Corea del Nord dopo soli tre minuti, indirizzando in salita il prosieguo della tenzone. La veemente reazione dei padroni di casa aveva portato al pareggio di Carlos Fierro, ennesimo gioiello dell'inesauribile cantera-Chivas, ma la concretezza offensiva risultava essere inversamente proporzionale alla mole di gioco prodotta (a fine gara saranno ben ventisette i tiri verso la porta avversaria!). Si rivelava così decisiva l'espulsione del portiere Cha Jong-Hun per un'uscita spericolata sul lanciatissimo Marco Bueno, e soprattutto l'entrata in campo di Giovanni Casillas, altro giocatore scuola-'Rebaño Sagrado' e miglior dodicesimo uomo della rassegna, in virtù dell'usuale 
mossa di partire dalla panchina per poi determinare le sorti di alcune gare. 
Il suo cross dalla sinistra deviato goffamente in fondo al sacco dal difensore Jong Kwang-Sok e la ribattuta a porta vuota sull'ennesima parata dell'insospettabile An Kang-Chol ribaltavano le sorti dell'incontro in una ventina di minuti, regalando al Messico la prima vittoria (3-1). Smaltita 
la tipica ansia da esordio, da quel momento in poi la 'Selección Azteca' ha inserito la marcia giusta e fatto girare il proprio motore a pieni giri: 2-1 sugli insidiosi africani del Congo firmato dai bravissimi Julio Gómez e il regista mancino Jorge Espericueta (arresto e tiro preciso su cross dalla propria banda di competenza del disciplinato terzino Francisco Flores, valido soprattutto nel leggere le situazioni in anticipo ed efficiente nel coprire le spalle alle folate in avanti dello stesso Gomez sul lato destro), 'Best Players' assoluti secondo la FIFA, e un sontuoso 3-2 sancito al quarto minuto di recupero da González ai danni dei campioni d'Europa olandesi, costretti a preparare anzitempo le valigie tra lo stupore generale (con piccolo riscatto anche per il portiere Sanchez, capace di neutralizzare un rigore). Piegato con relativa facilità il volenteroso undici panamense agli ottavi (2-0: doppio colpo di testa per la coppia offensiva Fierro-Bueno sui calci d'angolo disegnati col goniometro dal solito Gómez sotto la pioggia dell'Estadio Hidalgo di Pachuca), il primo match concluso a rete inviolata grazie alla graduale crescita di sicurezza dei centrali Antonio Briseño e Carlos Guzmánil Messico s'è confermato la bestia nera delle europee nei turni successivi, fermando d'autorità la corsa della Francia nonostante la solita papera di Sanchez e in virtù di una grande azione personale di Fierro (autore anche dell'assist per la rete iniziale a liberare l'accorrente Kevin Escamilla
la 'metà destra' della cerniera mediana formata con Espericueta che ha assicurato geometrie razionali e il necessario pizzico di sostanza all'impianto tattico della 'Tri'), e rimontando in semifinale la Germania nella partita 
più bella del torneo. Eroe di giornata è ancora una volta Julio Gómez: inserimento vincente dopo soli tre minuti di gioco per incornare un cross 
al bacio del laterale sinistro Jorge Caballero (un bel prospetto sul suo binario di riferimento, prezioso in entrambe le fasi di gioco, che ricorda in alcuni frangenti l'illustre connazionale Carlos Salcido; elettrizzante il duello con il dirimpettaio Weiser), un altro "volo" spericolato ma superfluo al 76' 
per cercare di deviare la traiettoria beffarda del corner calciato dal chirurgico mancino di Espericueta, infilatosi lo stesso in rete grazie al salvifico contributo del palo interno destro per il pareggio, un tremendo impatto testa contro testa con l'uomo sulla linea di porta (il tedesco Yesil) che lo costringe ad uscire dal campo per svariati, drammatici attimi, un rientro sul rettangolo verde con vistosa fasciatura tra gli applausi scroscianti del pubblico, visto che l'allenatore aveva già esaurito i tre cambi a sua disposizione e... infine... ennesimo corner tagliato in area di rigore, stacco del neo-entrato Marcelo Gracia (Club de Fútbol Monterreya prolungare la parabola discendente del pallone e coraggiosa rovesciata ad incrociare dello stesso, incredibile numero otto di proprietà del CF Pachuca. Il destino non avrebbe potuto fare di meglio nello scrivere la sceneggiatura ideale di questa apoteosi sportiva in salsa messicana.


2° URUGUAY [vice-campione]
Bilancio: 5 vittorie - 0 pareggi - 2 sconfitte; Gol Fatti = 11 / Gol Subiti = 5
voto 8-
Il segreto della sorpresa Celeste? Semplice: squadra arroccata nella propria metà campo + baricentro basso e pallino lasciato agli avversari + polmoni da vendere + ripartenze fulminanti + la consueta, peculiare "garra charrúa" = finale raggiunta contro ogni pronostico. Sbarcati negli Estados Unidos Mexicanos a fari spenti, pur se da vice-campioni sudamericani in carica, gli uruguagi hanno approfittato con spietata concretezza di un calendario non proibitivo, avendo ragione di Canada (3-0) e Rwanda (1-0) non senza patemi, specie al cospetto della maggior fisicità africana. Un match maledetto, dato che i postumi di uno scontro fortuito col portiere Marcel Nzarora hanno escluso dai giochi la punta di diamante Juan Cruz Mascia, mentre la rete decisiva è arrivata solo al quinto minuto oltre il novantesimo grazie alla zuccata di Leonardo Pais (instancabile tuttofare) su punizione calciata addirittura dal portiere Jonathan Cubero all'altezza della lunetta di centrocampo. L'indolore passo falso con l'Inghilterra (0-2, ma con la qualificazione già in cassaforte) ha consegnato il secondo posto nel Gruppo C e determinato l'accoppiamento con un'altra rappresentante del Continente Nero, il Congo. Anche in questa occasione, quella strenua capacità di soffrire insita nei cuori dei giovani calciatori schierati con prudenza eccessiva da Coito ha permesso il ribaltamento di una situazione sfavorevole: dopo la traversa clamorosa colta da un liberissimo Rodrigo Aguirre a tu per tu con l'estremo difensore avversario nel primo tempo, i subsahariani hanno impugnato con vigore le redini del match e sono passati in vantaggio meritatamente nella ripresa. Con l'innegabile aiuto della fortuna, una giocata stavolta utile da parte di Aguirre ha premiato per il pareggio la poderosa sgroppata del cursore mancino Maximiliano Moreira, uno dei migliori elementi malgrado la 
non trascendentale prestazione offerta nell'ultimo match. A quattro minuti 
dal triplice fischio, una punizione dell'ottimo centrale sinistro di difesa 
Gastón Silva (implacabile in marcatura, dotato nell'impostazione, sempre concentrato e ben assortito con i colleghi di reparto Emiliano Velázquez, capitano e suo partner nel cuore della terza linea a 5 in fase di non possesso, 
e gli esterni bloccati Gianni Rodríguez - Danubio FC, ma "sorvegliato speciale" del Benfica - ed Alejandro Furia, prodotto del Peñarol riciclabile anche come 'volante'), deviata da un incauto difensore, ha permesso all'Uruguay di approdare con estrema fatica al turno successivo, superato finalmente con maggiore smalto (2-0 all'Uzbekistan, doppio assist di Moreira ad ispirare la bella firma di Aguirre e l'altrettanto pregevole stop 
di petto e sinistro preciso di Santiago Charamoni, il sostituto di Mascia). 
Come per il Messico, il vero capolavoro di questa avventura è stato realizzato 
nella semifinale all'Estadio Omnilife di Guadalajara, quando l'Uruguay 
ha schernito in contropiede la sterilità del 'fútbol bailado' (?) e ribaltato l'esito 
del Sub-17 di tre mesi fa. Gli squilli dei talentuosi Elbio Álvarez (su penalty) 
e Guillermo Méndez (trequartista dalla tecnica cristallina, troppo spesso 
sacrificato dall'allenatore sull'altare dell'equilibrio tattico: subentrato al 68', 
è stato autore anche dell'assist che ha portato al raddoppio di Juan San Martín), i membri qualitativamente più dotati dell'intera rosa 'Celeste', 
hanno sancito il secco 3-0 che ha estromesso il favorito Brasile dalla corsa 
al titolo. In sostanza questo gruppo uruguagio, compatto e determinato 
sul piano agonistico, non ha certo soddisfatto i canoni estetici degli osservatori 
dal palato fine, ma non si può sottovalutarne l'impegno maniacale e la 
capacità di centrare il miglior piazzamento di sempre. E scusate se è poco.


3° GERMANIA [eliminata in semifinale]
Bilancio: 6 vittorie - 0 pareggi - 1 sconfitta; Gol Fatti = 24 / Gol Subiti = 9
voto 8,5
Discorso diametralmente opposto rispetto all'Uruguay vale per i tedeschi, comunque abili a loro volta nel raggiungere il gradino più alto della loro storia (eguagliato il terzo posto di quattro anni fa in Corea del Sud), se si eccettua l'argento nella prima edizione di Cina 1985 della fu Germania Ovest, in cui fece scalpore lo scatenato capocannoniere Marcel Witeczek. Il CT Steffen Freund si è potuto avvalere della presenza di alcuni ragazzi dal futuro davvero assicurato, un mix di talento allo stato brado e maturità superiore alla media dei loro pari-età. Dopo le contraddittorie esibizioni agli Europei in Serbia e malgrado il secondo posto conclusivo, la Germania si è mostrata agli occhi dei talent-scout assiepati sulle tribune nordamericane con il suo vestito migliore, quel 4-2-3-1 ormai marchio di fabbrica delle selezioni nazionali teutoniche, interpretato in chiave propositiva e soprattutto mai banale nei concetti di gioco. Le intenzioni di puntare al bersaglio grosso sono state chiare sin dall'inizio, in particolare alla luce del dominio incontrastato nel Gruppo E, chiuso a punteggio pieno e con il disarmante bottino di undici reti realizzate 
e una sola incassata. L'unica distrazione era arrivata all'esordio, quando l'Ecuador aveva trovato il momentaneo pareggio ad inizio ripresa con una bella conclusione dal limite dell'area, prima di scoprirsi disarmato nel contrastare l'annichilente valanga degli sfrenati incursori in maglia bianca, capaci di reagire in centottanta secondi col terzino sinistro Cimo Röcker 
per poi seppellire i malcapitati avversari con un 6-1 senza tema di discussioni. Sugli scudi con una doppietta la gemma più sfavillante, quel Samed Yesil ormai autentica certezza più che semplice promessa. Sbalorditivo rapportare la sua prolificità alla contemporanea percentuale di errori commessi per eccessi di sufficienza e/o qualche spigolo caratteriale ancora da limare; gli ampi margini di miglioramento di un attaccante così giovane e già piuttosto completo, fondamentale nella rifinitura almeno quanto nelle finalizzazioni personali (sei gol e otto assist in sette partite, numeri che come detto potrebbero essere ancor più consistenti...), fa pensare di trovarci di fronte 
ad un potenziale campione. L'importante è che non si monti la testa... 
Ma questa Germania non è stata solo Yesil; in porta c'è un ragazzo ancora acerbo ma di certo promettente (Odisseas Vlachodimos), a guidare 
il pacchetto arretrato un centrale di personalità come Koray Günter
il compito di assicurare solidità in mediana è nelle sapienti lunghe leve di capitan Emre Can, che ricorda nello stile di gioco il primo Michael Ballack con minor varietà di soluzioni tecniche ma superiori sostanza e combattività. 
Atletismo straripante, ha tenuto in piedi quasi da solo il centrocampo come schermo tattico davanti alla terza linea, proponendosi con inserimenti 
costanti in percussione (da circoletto rosso il gol con cui ha firmato il momentaneo vantaggio sul Messico in semifinale); sembra essere il più pronto ad approdare nel professionismo sin dall'immediato futuro. 
Ed ancora: il fantasioso Levent Aycicek, piccolo virtuosista un po' fragile 
sul piano fisico, il mobile Okan Aydin (protagonista però di un brutale fallo 
col piede a martello sul povero panamense Alonzo Goot, costatogli una sacrosanta squalifica di due turni), dotato di un destro al fulmicotone dalla distanza e discreto bagaglio di base, e soprattutto un cavallo imbizzarrito sull'estrema destra della terza linea, il duttile Mitchell Weiser, non di rado intento ad asfaltare il dirimpettaio di turno con le sue costanti proiezioni offensive. In realtà, l'impiego come terzino è una coraggiosa intuizione di Freund, che sin dal torneo continentale ha sperimentato il suo ripiegamento per sopperire giocoforza all'evidente mancanza di alternative credibili.
Nel Colonia Under 17, campione nazionale 2010-2011 (battuto in finale 
il Werder Brema di Röcker e Aycicek), Weiser gioca quasi prettamente 
da ala/esterno offensivo, e riesce a garantire un significativo contributo 
(undici reti e ben venti assist in B-Junioren Bundesliga) insieme al compagno Fabian Schnellhardt, anch'egli presente in Messico come rincalzo. La fase di copertura resta un punto debole, ma si sono intravisti sensibili progressi rispetto a due mesi fa (vedi il grave errore in disimpegno che portò al gol 
la Repubblica Ceca nell'esordio europeo), e ad ogni modo il suo incedere in avanti lungo l'out destro è stato uno spettacolo, non a caso gratificato da tre firme nel tabellino dei marcatori: c'è il suo zampino nel 3-0 al Burkina Faso, il 2-0 con Panamá e il netto 4-0 degli ottavi di finale con gli Stati Uniti, oltre che una doppia assistenza per Yesil nel rocambolesco 3-2 con cui la Germania ha regolato l'Inghilterra ai quarti. In quest'ultimo match, i tedeschi hanno dato una chiara dimostrazione di superiorità sino al 3-0 
del 53', ma poi hanno peccato di presunzione con ghirigori inutili e un'indisponente sicumera che ha rimesso i ragazzi di Peacock in carreggiata: emblematico il secondo gol subito, quando il sin al quel momento apprezzabile Marvin Ducksch ha improvvisato un inspiegabile colpo di tacco nella propria trequarti, innescando la volata di Redmond conclusa con la pericolosa realizzazione di Hallam Hope (3-2 il risultato al novantesimo). Inoltre, si è accusata oltremodo l'assenza di Günter e le lacune nei ricambi del reparto arretrato, un'avvisaglia preoccupante poi deflagrata con le fatali tre reti del Messico in semifinale e le altrettante del Brasile nel primo tempo della finale 
di consolazione. Un dato statistico viene in soccorso di questa analisi: 
con il centrale del Borussia Dortmund in campo (subentrato nonostante 
gli acciacchi a Kaan Ayhan e solo sul punteggio di 1-3 per i verdeoro), 
la Germania ha subito una sola rete in tutta la manifestazione, mentre 
nei complessivi duecentosedici minuti in cui è stato rimpiazzato da 
Noah Korczowski l'estremo difensore Vlachodimos è stato costretto 
ad arrendersi otto volte, qualcosa vorrà pur dire...


4° BRASILE [eliminata in semifinale]
Bilancio: 4 vittorie - 1 pareggio - 2 sconfitte; Gol Fatti = 15 / Gol Subiti = 12
voto 7+
Come volevasi dimostrare: tutti ad aspettare le presunte magie da fuoriclasse di Lucas Piazon, e poi ad illuminare la scena brasiliana sono costretti a pensarci il compagno di club Ademilson e in maggior misura il fantasista Adryan, il vero uomo in più della banda di coach Émerson Ávila. Se per il genietto del Flamengo non è stata una novità, giacché le sue prestazioni furono superiori sin dal vittorioso Sub-17, l'esplosione del normolineo attaccante nativo di Cubatão ha colto impreparati quanti non lo conoscessero in precedenza. La doppietta all'esordio, impreziosita dal filtrante per il gagliardo 'lateral direito' Wallace (uno degli eredi più papabili di Maicon e Dani Alves: già opzionato dal Chelsea, fisico compatto e tecnica notevole in percussione, deve perfezionarsi in copertura), ha messo in discesa il cammino nel Gruppo F e condannato la Danimarca (3-0) ad una breve permanenza 
in terra messicana. Il talentuoso terzetto offensivo ha comunque sfoderato un'eccellente intesa nei restanti due impegni della prima fase: con l'Australia (1-0), Adryan ha pennellato al 76' una perfetta parabola su punizione simile 
a quella con cui decise la sfida contro il Cile di Bryan Rabello e il fresco Red Devil Angelo Henriquez dello scorso 16 marzo in quel di Ibarra, mentre per fermare il mostruoso Coulibaly della Costa d'Avorio (3-3) c'è voluta una virtuosa unione delle forze da parte di Piazon (finalmente, all'8': sarà l'unico acuto personale nella coppa, un sinistro da pochi passi per beffare il portiere 
in uscita su tocco del compagno di reparto al São Paulo), Ademilson (su invito 
di Nathan) e il solito, immarcescibile numero dieci di Rio de Janeiro al terzo minuto oltre il novantesimo, con un tiro beffardo sul primo palo per trasformare la bella giocata sull'out mancino del presunto 'nuovo Kakà' (?). Sbarazzatisi dell'Ecuador agli ottavi (2-0, ancora Ademilson e il subentrato Léo allo scadere), i verdeoro hanno rischiato grosso quattro giorni più tardi alle prese con la verve nipponica. La vera brutta notizia è stata però la pesantissima ammonizione del diffidato Adryan, autore del terzo gol con una finta da urlo a disorientare il terzino destro Naoki Kawaguchi per poi scaricare un sinistro imprendibile dal basso verso l'altro in posizione defilata. 
La mancanza dell'ispiratore principe della manovra è risultata insostenibile nella mediocre semifinale con l'Uruguay, persa nettamente nonostante uno sterile e invero stucchevole possesso palla prolungato. L'istantanea più amara nella memoria dei giovani sudamericani resterà l'inspiegabile uscita-kamikaze del portiere Charles, per ironia della sorte uno dei migliori interpreti nel ruolo fino a quel black-out esiziale in cui ha steso l'avversario Aguirre a seguito 
di una presa difettosa del pallone, regalando il penalty che ha sbloccato la contesa nel primo tempo e complicato maledettamente la vita ai compagni. Troppe poche le verticalizzazioni proposte dalla coppia di 'Gaúchos de Porto AlegreMisael Bueno (interdittore) e Marlon Bica (regista) per pretendere di impensierire le strettissime maglie celesti, meno folate del consueto per i due comunque brillanti lateral Wallace ed Emerson, evanescenza oltre i limiti 
del sopportabile per il quartetto composto da Guilherme - Lucas Piazon - Ademilson - Léo, mancanza endemica di fluidità e scarsa velocità nei cambi 
di gioco. Dopotutto c'è poco da sorprendersi, i bagliori di classe assicurati 
dal fantasista del Flamengo sono mancati come il pane, ed a nulla 
sono valsi gli ingressi in campo di Nathan, Wellington ed Hernani
Magre consolazioni anche dall'epilogo finale con la Germania: passati in svantaggio al 20' a causa della rete di Aydin, i brasiliani hanno rovesciato prepotentemente le carte in tavola nel giro di mezz'ora, infilando tre volte 
la retroguardia teutonica con Wellington, al debutto dal primo minuto, 
e una doppietta (manco a dirlo...) del rientrante Adryan. Ma la fragile difesa, 
la più perforata del lotto, ha palesato tutti i suoi limiti nella seconda frazione, quando lo stesso Aydin, Aycicek e Yesil (tre assist per lui, uno di tacco) hanno imperversato indisturbati nelle praterie concesse dallo scarso filtro in mediana e gli errori marchiani del centrale Matheus, di livello molto inferiore rispetto al pratico capitan Marquinhos (un consiglio per gli operatori di mercato nostrani: segnatevi questo nome...). Il verdetto finale è dunque un quarto posto, sensibile crescita rispetto alla disastrosa spedizione in Africa dello scorso biennio (eliminazione al Primo Turno: una sofferta vittoria con il "solito" 3-2 al Giappone e due brutte sconfitte patite da Messico e Svizzera, nonostante la presenza di Coutinho e Neymar), ma insufficiente ad addolcire 
l'amaro in bocca per tutto ciò che poteva essere e non è stato.


5° GIAPPONE [eliminata ai quarti di finale]
Bilancio: 3 vittorie - 1 pareggio - 1 sconfitta; Gol Fatti = 13 / Gol Subiti = 5
voto 7,5
Una delle compagini più effervescenti e piacevoli da vedere, capace di eguagliare la propria miglior prestazione nel torneo risalente ormai al 1993, quando da padrona di casa interruppe la sua corsa tra le otto migliori del globo solo al cospetto della Nigeria di Wilson Oruma, i fratelli Emmanuel e Celestine Babayaro, Peter Anosike, Nwankwo Kanu e Ibrahim Babangida, poi vincitrice nel derby finale col Ghana. Diciotto anni fa il leader tecnico e capitano era un ancora giovanissimo numero undici chiamato Hidetoshi Nakata, stavolta 
i ragazzi di Hirofumi Yoshitake hanno trovato nella coralità la propria forza, vincendo con merito il Gruppo B davanti alle più quotate Francia e Argentina (3-1 il 24 giugno all'Estadio Morelos: un'autentica lezione di calcio impartita agli increduli sudamericani grazie anche al piede mancino di Hiroki Akino, preciso nel pennellare un corner per la testa di Naomichi Ueda e siglare il terzo gol nella ripresa, dopo essersi ristabilito da un intervento criminale a piedi uniti di Matías Montero, inevitabilmente sanzionato con una doccia anticipata per placare i bollenti spiriti...) e facendo scempio delle velleità neozelandesi con un roboante 6-0 agli ottavi. Sfortunata l'altalena di emozioni contro i favoriti verdeoro andata in scena a Querétaro quattro giorni più tardi, quando i frenetici nipponici, un po' ingenui in fase di copertura, hanno sfiorato l'impresa dopo esser stati sotto di tre gol (2-3 il risultato), cogliendo anche una clamorosa traversa con un sinistro dell'indemoniato Ishige, piedi buoni e cervello fino a disposizione del collettivo; un vero peccato, dato che il portiere Kosuke Nakamura (Kashiwa Reysol, 1995) è stato costretto a raccogliere la palla in fondo al sacco solo quattro volte in totale 
(il gol della bandiera per l'Albiceleste l'aveva subìto il più "esperto" collega 
Ayumi Niekawa, lungagnone di 193 cm dello Jubilo Iwata), il meno battuto 
insieme all'uruguagio Cubero, che ha subito cinque reti ma in sette presenze.
Ad ogni modo, Alberto Zaccheroni può sorridere in prospettiva: considerando le notevoli prestazioni fornite dai talentuosi centrocampisti 
Hideki Ishige (il migliore dei suoi: appuntatevi il suo nome, ne sentiremo parlare...) Masaya Matsumoto, trequartista dal moto perpetuo adattabile come mezz'ala destra, l'avvedutezza nel tenere compatti i reparti di Takuya Iwanami (sweeper del Vissel Kobe con cui sta flirtando il PSV Eindhoven) 
e dello schermo protettivo Kazuki Fukai (1995, Consadole Sapporo, J-League Division 2), la poliedricità dell'esterno sinistro Fumiya Hayakawa (praticamente ambidestro, può giostrare anche più avanzato nel 4-1-4-1 
o addirittura nel 4-2-3-1; fatte le debite proporzioni, una sorta di Nagatomo 
più offensivo), il brio di Musashi Suzuki, Takuya Kida e Shoya Nakajima, 
la sfrontatezza dei classe '95 Daisuke Takagi (Tokyo Verdy), Reo Mochizuki e Takumi Minamino, attaccante già capocannoniere ex-aequo con l'uzbeko Khakimov nell'AFC Under 16 Championship dello scorso anno con cinque reti, senz'altro il futuro del Sol Levante gli apparirà ancor più roseo. 

6° UZBEKISTAN [eliminata ai quarti di finale]
Bilancio: 3 vittorie - 0 pareggi - 2 sconfitte; Gol Fatti = 9 / Gol Subiti = 8
voto 7
L'altra grande sorpresa venuta dall'Asia. Al debutto assoluto nella manifestazione, i coraggiosi carneadi ben catechizzati dal CT Aleksey Evstafeev hanno stupito il mondo, lasciando intravedere alcune individualità di buon livello tecnico. Eppure, chi segue con costanza il calcio giovanile oltreconfine poteva anche aspettarsi un simile exploit: dopotutto, gli uzbeki sono sbarcati in terra messicana da vice-campioni asiatici in carica, bravi a centrare l'anno scorso la loro prima finale continentale nel torneo Under 16 organizzato in casa. Allora come oggi, i trascinatori sono stati Timur Khakimov (capocannoniere e "Golden Foot - Best Player" nove mesi fa), rapido e brevilineo attaccante mancino capace di calciare anche col piede debole, che ha rubato un po' la scena al sodale Zabikhillo Urinboev 
(1995, FC Bunyodkor: occhio a lui) , e soprattutto il capitano Abbosbek Makhstaliev, che per ruolo e caratteristiche in patria già hanno paragonato all'idolo locale Server Djeparov, suscitando la curiosità dell'AS Monaco; regista "occulto", parte largo sul centro-destra  per poi convergere e dettare 
i tempi di gioco in coabitazione con Azizbek Muratov (FK Buxoro)Una fase difensiva non esattamente impeccabile (unico a salvarsi il left back Sardor Rakhmanov) è stata la "protagonista" in negativo del pessimo esordio con 
la Nuova Zelanda dello scatenato Carmichael, ma la successiva reazione veemente ha portato l'Uzbekistan a vincere addirittura il Gruppo D con 
una bella doppia vittoria su Repubblica Ceca e USA (2-1 in entrambe 
le occasioni: bel sinistro da fuori area del baby-centrocampista classe '96 
Bobir Davlatov su invito di Khakimov e un rigore trasformato con freddezza da Makhstaliev contro gli statunitensi, prima che gli stessi gioiellini in maglia bianca portassero a termine la rimonta ai danni dei ceki, illusoriamente in vantaggio al 28' su penalty trasformato da Juliš). Superato in scioltezza l'altro ostacolo oceanico costituito dall'Australiaun netto 4-0 con le consuete firme in calce di Makhstaliev (preciso destro in diagonale su lancio dello "scudiero" Sardor Sabirkhodjaev, ben surrogato a sua volta da Muhsinjon Ubaydullaeve Khakimov aggiunte all'infausto tentativo d'anticipo dell'avversario Chapman 
e il poker servito dall'esterno Davlatbek Yarbekov (Neftchi Farg'ona; ben cadenzata l'alternanza sul lato opposto con Kholmurod Kholmurodov del Mash'al Mubarek), l'epilogo della favola dei 'White Wolves' si è consumato all'Estadio Universitario di Monterrey di fronte alla solida 'Celeste' (0-2). 
Un movimento in crescita esponenziale.

7° FRANCIA [eliminata ai quarti di finale]
Bilancio: 2 vittorie - 2 pareggi - 1 sconfitta; Gol Fatti = 9 / Gol Subiti = 6
voto 6,5
Un 'début formidable', sprazzi di buona intensità e qualche talento da ricordare: questa è l'estrema sintesi di una spedizione tutto sommato soddisfacente, specie alla luce del boccone amaro mandato giù in Serbia nel maggio scorso. A dieci anni esatti dall'unico trionfo a Trinidad & Tobago 2001, con Mourad Meghni ed Anthony Le Tallec a supportare la 'Golden Shoe' Florent Sinama-Pongolle, la Francia ha affrontato la trasferta oltreoceano con moderate ambizioni. Da applausi il modo in cui i 'Galletti' hanno frantumato le retrovie di cristallo di un'Argentina troppo brutta per essere vera, con il guizzante guadalupense Lenny Nangis a ridicolizzare chiunque gli si parasse incontro sull'ala destra per dispensare due cross al bacio a favore della ben assortita coppia d'attacco composta da Yassine Benzia (vantaggio al 35') 
e il legnoso gigante d'ebano Sébastien Haller (stop di petto e mezza girata 
in bello stile tre minuti più tardi), a loro volta capaci di sfruttare un lampo 
di Yaisien per confezionare il definitivo 3-0 allo scadere della prima frazione. Una delle note più liete è stato proprio il rendimento offerto dal prospetto del Lione, assente agli Europei ma tiratore scelto della formazione mondiale di Patrick Gonfalone con cinque firme sul tabellino dei marcatori; in patria 
lo paragonano (esagerando) a Karim Benzema per la capacità di abbinare tecnica eccellente e fisico compatto, a suo agio sia come appoggio per la prima punta (specie partendo dalla sinistra per accentrarsi sul piede forte) che come unico terminale offensivo. Pare che il Palermo gli abbia messo gli occhi addosso... Tuttavia l'interruttore di innesco principale dei transalpini è stato 
il baluginante Abdallah Yaisien, autore di uno splendido destro all'incrocio nella successiva sfida al Giappone (1-1, pareggio riacciuffato su rigore da Ishige) che ha lasciato a bocca aperta gli astanti, ed in generale il più efficace nell'ispirare le manovre dei 'Blues'; il giorno in cui avrà lavorato sulla naturale discontinuità (sovente fumoso, va detto) e limitato le pause lungo l'arco della gara, ci troveremo di fronte ad un protagonista del calcio che verrà. Molto meno convincente un suo compagno di squadra al PSG, l'incerto estremo difensore Lionnel Mpasi-Nzau, che ha dato il "meglio" di sè nell'ottavo di finale contro gli ivoriani, in vantaggio 0-2 all'Estadio Corregidora dopo soli venticinque minuti grazie ai suoi rivedibili interventi in presa, e nonostante 
i vani tentativi dell'abile capitano Raphaël Calvet e del possente 
Kurt Zouma (tatticamente immaturo, ma sicuro uomo-mercato dell'AS Saint-Étienne nell'avvenire, magari in ottica Premier League) di assicurare solidità al reparto. Per raddrizzare una situazione apparentemente compromessa s'è dovuto svegliare Benzia, accorciando le distanze dagli undici metri per poi scoprirsi mattatore assoluto della ripresa, quando un suo assist 
a Nangis e un velenoso destro da fuori area hanno regalato alla Francia un ormai insperato passaggio del turno (3-2). Il miracolo non si è pero ripetuto 
ai quarti, dove non è bastata l'illusoria sgroppata vincente del completo laterale destro Jordan Ikoko (ed un'altra papera, stavolta del portiere messicano) per aver ragione dei padroni di casa; impossibile per i compagni sopperire alla squalifica di Nangis e soprattutto al contemporaneo infortunio di Yaisien dopo una manciata di minuti dal fischio d'inizio.


7° INGHILTERRA [eliminata ai quarti di finale]
Bilancio: 2 vittorie - 2 pareggi - 1 sconfitta; Gol Fatti = 9 / Gol Subiti = 6
voto 6,5
È stata ancora la Germania a fermare la corsa britannica sulla strada che porta all'alloro iridato. L'avventura coreana del 2007, prima e fino a quest'estate unica partecipazione nella storia dell'Inghilterra, si era arenata sullo scoglio dei quarti di finale in balia dei colpi di Toni Kroos e Richard Sukuta-Pasu (2 settembre, pesante 1-4 al Goyang Stadium). Stavolta il crollo è stato meno fragoroso, ma ugualmente veritiero circa le potenzialità attuali dei due prestigiosi movimenti calcistici. Come detto in precedenza, Weiser 
e Yesil in particolare sono risultati degli spauracchi impossibili da contenere 
per la lacunosa difesa disposta nella tradizionale linea a quattro; Nathaniel Chalobah, fino a quel momento uno dei leader più affidabili, si è confermato regista arretrato di personalità, pericoloso anche nelle non sporadiche proiezioni offensive su palla inattiva (con tanto di splendida rovesciata, vanificata solo dai riflessi di Vlachodimos), ma piuttosto macchinoso in marcatura e poco concentrato nell'uno contro uno. Il temibile fromboliere tedesco lo ha beffato in due occasioni, scattando costantemente sul filo del fuorigioco e mettendo in crisi le lunghe leve del capitano inglese, nativo 
della Sierra Leone. Hanno destato perplessità anche le scelte iniziali di John Peacock, troppo tardivo nell'inserire i due giocatori che hanno cambiato 
la partita e propiziato una rimonta a metà: Nick Powell ha dato brio alla fase offensiva e si è guadagnato un calcio di rigore con una bella finta che ha disorientato il centrale Nico Perrey (trasformazione di Sam Magri), mentre l'esterno offensivo Nathan Redmond ha sfruttato l'erroraccio in disimpegno di Ducksch per smarcare Hallam Hope, bomber di stazza imponente 
ma non per questo carente sul mero piano tecnico, perfetto nel far reparto da
solo e dare profondità alla manovra. Insieme all'interessante Jake Caskey
mancino vellutato finito nel mirino di club di alto rango come Liverpool, Arsenal e Aston Villa, lo stesso Powell si è rivelato essere uno degli elementi più smaliziati nell'esibirsi in palcoscenici di livello superiore, essendo già rodato nel professionismo in virtù delle sue apparizioni in League Two con la maglia del Crewe Alexandra. L'epilogo sfortunato non deve però far dimenticare il buon torneo disputato dagli albionici, imbattuti capofila del Gruppo C davanti ai futuri finalisti uruguaiani; la concretezza del trequartista Max Clayton e dello striker d'antan Adam Morgan (meno bene, invece, il mediano con licenza d'inserimento John Lundstram, in calo rispetto a Serbia 2011), la diligenza del laterale basso mancino Brad Smith e le iniziative un po' confusionarie ma generose di Blair Turgott sono gli altri ingredienti da segnalare nel menu inglese, insieme alla capacità di Raheem Sterling di scompaginare un po' 
gli equilibri di un collettivo poderoso per prestanza fisica ma tutto sommato povero d'inventiva (splendido il suo destro a giro nel 2-0 al Rwanda). Quantomeno bizzarro il rendimento del portiere Jordan Pickford, scuola Sunderland: colpevolmente incerto nelle uscite in presa alta e mai efficace 
nel bloccare il pallone, ha riscattato il costante senso di fragilità emotiva trasmesso ai suoi compagni di reparto trasformandosi a sorpresa nell'eroe degli ottavi di finale, quando ha neutralizzato due tiri dal dischetto agli argentini nell'unico match della coppa deciso alla lotteria dei calci di rigore.


9° ECUADOR [eliminata agli ottavi di finale]
Bilancio: 2 vittorie - 0 pareggi - 2 sconfitte; Gol Fatti = 5 / Gol Subiti = 9
voto 6+
Probabilmente è servito un manuale di sopravvivenza post-esordio shock all'allenatore Javier Rodríguez per rivitalizzare la simpatica comitiva sudamericana, letteralmente demolita dalla furia teutonica in quel di Querétaro (pomeriggio da incubo per il pivote Eddy Corozo e lo smarrito Luis Cangá, che ha lasciato il posto a Marlon Mejía nel prosieguo del torneo) dopo aver "osato" segnare il momentaneo, inutile pareggio (1-6 
il passivo finale) con una pregevole botta da fuori indovinata da Carlos Gruezo (1995), mediocampista in forza all'Independiente José Terán. 
Il tracollo con avversari così superiori non ha però scalfito le fondamenta di una squadra giovane ma ligia al proprio dovere, tanto fragile nel pacchetto arretrato (malgrado la leadership di capitan Ridder Alcivar, Universidad Católica, e l'intraprendenza sulla banda izquierda di Cristian Ramírez, monitorato dal Fortuna Düsseldorf) quanto pungente nella batteria offensiva, con il fantasioso Junior Sornoza (può contare su una gamma di espedienti tecnici d'alta scuolaed 'El Batigol' (soprannome oggettivamente fuori luogo...) Luis Batioja a cercare di crear grattacapi ai difensori avversari. 
Il vero protagonista si è rivelato essere uno dei più giovani della 'Tricolor'
il figlio d'arte classe 1995 José Francisco Cevallos Jr., omonimo erede dell'idolo locale e guardiano dei pali nella Nazionale Maggiore dal 1994 
al 2010. Abile anche col sinistro, ha guidato alla riscossa i suoi compagni 
per ribaltare l'iniziale vantaggio panamense, insieme alla sfrenata coppia 
che spingeva il forcing sulla fascia destra: dapprima una zuccata del terzino "adattato" Jordán Jaime (centrale, spesso dirottato sugli esterni a partita in corso per sfruttarne l'esuberanza atletica; una gran botta da fuori nel proprio repertorio, tra le altre cose) ha infilato di giustezza un bell'invito di Jonny Uchuari (LDU Loja, uno scricciolo di 162x60 ubriacante negli spazi stretti)
e poi l'ennesima serpentina di Joel Valencia (Real Zaragoza) sullo stesso lato ha permesso proprio a Cevallos di girare sul primo palo il gol-vittoria (2-1). 
Il centrocampista offensivo di Guayaquil si è confermato tre giorni dopo contro il Burkina Faso (2-0), correggendo di testa una bella punizione tesa 
di Sornoza e poi lanciando di prima intenzione col mancino la letale ripartenza di Kevin Mercado (da mesi sul taccuino del Chelsea) verso un comodo tête-à-tête con l'incolpevole portiere Séni Ouedraogo. Onorevole l'uscita di scena 
al cospetto del Brasile, un'asticella ancora troppo alta da superare.


10° COSTA D'AVORIO [eliminata agli ottavi di finale]
Bilancio: 1 vittoria - 1 pareggio - 2 sconfitte; Gol Fatti = 10 / Gol Subiti = 10
voto 6,5
Gli exploit di sconosciuti prodotti del Continente Nero sono una piacevole consuetudine dei tornei giovanili, ma certo la fragorosa deflagrazione di Souleymane Coulibaly (vivaio del Siena) ha lasciato interdetti tutti gli osservatori. D'altronde, come si può non restare affascinati da una tale forza della natura, pronto a sfidare a testa alta lo scetticismo e la scarsa fama riguardo le sue qualità, sfoderando un armamentario di soluzioni balistiche da far impallidire tanti coetanei più celebrati? Il biglietto da visita è un dribbling stretto dal limite dell'area a vanificare l'intervento di capitan Connor Chapman per scaricare un sinistro di precisione alle spalle del portiere australiano. Ma è solo una giocata di riscaldamento... Nell'impegno successivo, il numero diciannove arancione cala il poker e spazza via la Danimarca (4-2), inutilmente in vantaggio per due volte e raggiunta prima con una fuga solitaria sull'out mancino e tiro di destro sul palo opposto 
ad infilare direttamente dalla linea di fondo, e poi una lesta deviazione 
da pochi passi per sfruttare una corta respinta di Oliver Korch su tracciante dell'omonimo partner d'attacco Ibrahim Salif Coulibaly. Guadagnato e trasformato un calcio di rigore, la ciliegina è l'ennesima iniziativa personale con cui ubriaca di finte il povero Frederik Holst per poi scagliare una saetta sul palo lungo. E non è finita qui, perché prima di chiudere il proprio torneo con la sfortunata marcatura alla Francia (poi vittoriosa in rimonta, come abbiamo detto poc'anzi, anche a causa dell'uscita di scena del '96 Victorien Angban, oggetto dei desideri del Chelsea a rischio rosso e rilevato dal più spregiudicato Wilfried Gnahoré del Nottingham Forest), si è esaltato nella sfida diretta con 
i ben più sbandierati "fenomeni" brasiliani: sinistro impossibile da posizione decentrata dopo aver eluso la blanda pressione di Matheus, scatto sul filo del fuorigioco per anticipare d'esterno destro l'uscita di Charles sul ghiotto assist 
di Jean Evrard Kouassi (virtuosa ala che milita ancora in patria, nel Moossou FC: altro nome da tenere a mente, così come quello del ruvido mediano dell'AS Athletic Adjamé, Daniel Soungole) e una plastica rovesciata sugli sviluppi di un corner dalla sinistra. Nove dei dieci gol realizzati in Messico dagli "Elefanti" di Alain Gouaméné portano la sua firma (l'unico "intruso" è stato Drissa Diarrassouba nell'ottavo di finale, su imbeccata di Mory Koné, colonna di 190 cm nell'arrière del Le Mans), utili ad eguagliare il record storico della manifestazione, detenuto in solitaria da Sinama-Pongolle per dieci anni. Un impatto devastante, che ha relegato al ruolo di meri comprimari Anderson Banvo (Paris Saint-Germain), Jeremy Kimmakon 
(LB Châteauroux), Dorian Kouamé (Guingamp) e Guy Stéphane Bédi (1995, AFAD Djékanou), in stato di grazia a Rwanda 2011: impossibile non farsi notare dai soliti sciacalli milionari in 'camiseta blanca' (Real Madrid, ma attenzione al Tottenham), abituati a staccar assegni almeno quanto inclini 
a bruciare talenti sull'altare della propria ingordigia (vedi Sergio Canales
ma sarebbe una lunga lista...). Si spera che i dirigenti toscani riescano a tener chiuso nel proprio forziere questo potenziale gioiello, seppur a nostro modesto avviso c'è il rischio concreto che il suo boom sul proscenio iridato rappresenti un fuoco di paglia, per quanto debordante; ai posteri l'ardua sentenza...


11° CONGO [eliminata agli ottavi di finale]
Bilancio: 1 vittoria - 1 pareggio - 2 sconfitte; Gol Fatti = 4 / Gol Subiti = 5
voto 6,5
Strano calcio, quello africano, sempre capace di offrire sorprese in serie e sovvertire qualsiasi pronostico della vigilia. La graduatoria finale dello scorso gennaio al torneo CAF U-17 è stata infatti completamente capovolta in Nord America, anche grazie al coraggio dei 'Diables Rouges' di Eddie Hudanski.
Il trainer francese è una sorta di guru dalle parti di Brazzaville, avendo condotto la Selezione Under 20 in una indimenticabile annata che portò 
sia l'unica affermazione continentale (3 febbraio 2007) che la susseguente storica partecipazione al Mondiale di categoria in Canada, laddove Franchel Ibara e compagni si arresero agli ottavi di finale contro... il Messico (0-3), giusto per chiudere il cerchio dei corsi e ricorsi storici tipici di questo sport; peraltro, c'era sempre lo stratega transalpino sulla panchina dei primi classificati ai Jeux de la Francophonie 2009 in Libano. L'approdo tra le migliori sedici squadre del globo è stato centrato anche da questa giovanissima generazione di talenti, la rosa dall'età media più bassa della rassegna con 
la presenza di quattro classe 1995 (Pavelh Ndzila, Ramaric Etou, Tierry Kouyikou e Bel-Ange Epako) e ben sette 1996 (Cissé Bassoumba, Charlevy Mabiala, Amour Loussoukou, Kader Bidimbou, il left-wing Mavis Tchibota e 
i due prospetti più brillanti dell'AC CNFF, il centrocampista Hardy Binguila, metronomo un po' sgraziato ma vertice basso di sicuro affidamento, con doti nel cambio di passo e tiro mortifero, vice-capocannoniere di Rwanda 2011 nell'inverno scorso dietro al succitato compagno Epako, e il rapidissimo attaccante Justalain Kounkou). Una squadra ostica da affrontare per tutti (chiedere all'Olanda...), con un disegno tattico preciso e collaudato (al netto, si badi bene, di una linea difensiva davvero naif, troppo alta e vulnerabile 
nelle vie centrali: difficile stabilire chi si è comportato peggio tra Mabiala, 
Gloire Mayanith, Stevy Samba e l'indolente Melvan Lekandza), curiosamente sconfitta solo dalle due finaliste dell'Estadio Azteca e con lo stesso identico punteggio, un equilibrato 1-2; in particolare, i messicani sono riusciti a sbrogliare un ingarbugliato rompicapo agonistico con l'ausilio di una doppia provvidenziale espulsione, che ha mortificato le entrate scomposte di Bassoumba e dell'irruente Gildas Mpassi Malozi (1994, AC Léopards de Dolisie), mentre l'Uruguay ha capitalizzato con indubbia fortuna le caotiche disarmonie di un reparto arretrato incapace di applicare con raziocinio la trappola dell'offside, oltre che la dabbenaggine di Etou nel provare a deviare 
la punizione vincente di Gastón Silva, mettendo fuori causa Chill Ngakosso 
a pochi giri di lancette dai tempi supplementari. De toute façon, touché.


12° STATI UNITI [eliminata agli ottavi di finale]
Bilancio: 1 vittoria - 1 pareggio - 2 sconfitte; Gol Fatti = 4 / Gol Subiti = 6
voto 6-
Unica nazionale sempre presente sin dalla prima edizione del 1985, la rappresentativa a stelle e strisce allestita dal colombiano Wilmer Cabrera era reduce dal successo di Jamaica 2011, e si presentava con valide credenziali nelle confinanti terre messicane. Gli Yankees sono partiti col piede giusto nel Gruppo D, sbloccando il punteggio con la Repubblica Ceca dopo soli cinque minuti di gioco con uno splendido sinistro sotto la traversa di Alejandro Guido, centrocampista offensivo dei Los Angeles Aztecs con natali negli Stati Uniti ma cresciuto a Tijuana, città d'origine del padre, ai suoi tempi promessa mancata nelle giovanili del Cruz Azul. In tutta franchezza, l'uomo non ha digerito agli inizi la scelta dell'erede di seguire il percorso formativo biennale 
a Bradenton con il Residency Program, auspicando un suo futuro in maglia 'Tricolor', ma le strutture all'avanguardia e la possibilità di frequentare una scuola a San Diego, in California, hanno fugato ogni dubbio. Nella seconda frazione della sfida coi cechi, dopo le staffilate mancine azzardate da Marc Pelosi (venuto alla luce in Germania, a Bad Säckingen, visionato con insistenza dal Liverpool) e Kellyn Acosta (FC Dallas, full back impiegabile 
su entrambe le fasce), il prezioso taglia e cuci di Matt Dunn (1.FC Köln Jugend Teamnel settore nevralgico, un paio di salvataggi del goalkeeper Kendall McIntosh ed il raddoppio realizzato da Mario Rodríguez su assist dalla 
destra di Paul Arriola, è arrivata un'altra marcatura d'autore, quella del colored Alfred Koromaattaccante dall'incedere felpato che a due minuti dall'ingresso in campo è stato abile nel puntare palla al piede la statica retroguardia avversaria, disorientare due giocatori con una serie di doppi passi  e poi incrociare col sinistro sul palo lontano. Nato in Sierra Leone, il talento del Solar Chelsea SC ha alle spalle una vita breve ma piuttosto avventurosa, con una rocambolesca fuga insieme alla madre dal Paese in battaglia e un breve soggiorno in Gabon, prima dell'approdo a Fort Worth nel 2003, laddove i genitori del giovane portiere Oshick Shams (Southlake Carroll), Arneta e Aftab, divennero i suoi tutori legali per permettergli di ricevere l'istruzione scolastica. Su di lui sono pronti a scommettere ad occhi chiusi tutti gli addetti ai lavori oltreoceano, convinti di avere in casa un ragazzo destinato a ripercorrere le orme di Freddy Adu (Ghana), Jozy Altidore (origini haitiane) 
e Juan Agudelo (Colombia) nella 'Stars & Stripes' del prossimo decennio. 
Ad ogni modo, il 3-0 alla Repubblica Ceca è stato l'unico acuto di una squadra molto acerba (maluccio Jospeh Amon e Mobi Fehr tra i defenders), impotente a dir poco contro la macchina da guerra teutonica (unica breve apparizione per lo "scozzese" Jack McBean, old style striker dei Los Angeles Galaxy) e ben lontana dalla sua miglior versione, quella che nel 1999 in Nuova Zelanda si arrampicò sino alle soglie del podio, con un'ossatura basata su Oguchi Onyewu, DaMarcus Beasley e il "Golden Ball" Landon Donovan.  


13° NUOVA ZELANDA [eliminata agli ottavi di finale]
Bilancio: 1 vittoria - 1 pareggio - 2 sconfitte; Gol Fatti = 4 / Gol Subiti = 8
voto 6-
Nello stesso Gruppo D erano inseriti anche gli All Whites, freschi campioni d'Oceania e vogliosi di migliorare l'undicesimo posto della succitata edizione casalinga di dodici anni fa, quando furono eliminati nella Prima Fase proprio dagli Stati Uniti e dall'Uruguay di Rubén Olivera e Horacio Peralta. Specularmente agli americani, i 'kiwi' guidati da Aaron McFarland hanno vissuto senza dubbio il loro momento di gloria al debutto, quando hanno piegato l'Uzbekistan con un perentorio 4-1 grazie alle parate dallo stile grezzo ma efficace di Scott Basalaj (Team Wellington), le intuizioni del numero dieci mancino Cameron Howieson (Burnley FC Academy) e soprattutto sfruttando la giornata di grazia di Stephen Carmichael, partner del dinamico jolly d'attacco Tim Payne (Waitakere United, adocchiato dagli scout dei Blackburn Rovers; il Derby County, invece, starebbe pensando al longilineo Luke Adams per la difesa) e autore addirittura di una tripletta, prima che Jordan Vale impattasse al volo una punizione calciata dalla destra da Rhys Jordan (Forrest Hill Milford, ma in predicato di sposare la causa del neonato progetto sportivo denominato Guernsey FC, primo club delle Channel Islands ad essere ammesso nel National League System inglese ed il cui presidente onorario è Matt Le Tissier). Purtroppo questa azione su palla inattiva sarà anche l'ultima concretizzata nel prosieguo del torneo: perso 
0-1 lo scontro diretto con la Repubblica Ceca a dispetto dell'apporto di Bill Tuiloma, right-back dalle maniere spicce di chiare discendenze samoane
i neozelandesi hanno comunque ottenuto il pass verso gli ottavi come miglior terza classificata, pareggiando 0-0 con i coetanei statunitensi, ma non avevano ancora fatto i conti con le manovre vorticose e avvolgenti del Giappone (0-6 l'inappellabile verdetto dell'Estadio Universitario di Monterrey, dove si è alfine alzato dalla panchina il '95 Ken Yamamoto, misconosciuto match-winner durante Auckland City-Canterbury United 0-1 del 10 marzo 2011, che valse l'accesso alle semifinali dell'ASB Premiership).


13° ARGENTINA [eliminata agli ottavi di finale]
Bilancio: 1 vittoria - 1 pareggio - 2 sconfitte; Gol Fatti = 4 / Gol Subiti = 8
voto 5
I primi indizi erano stati chiari sin dal Sub-17, ma la realtà ha superato le impressioni più pessimistiche: il gruppo affidato nelle mani di Oscar Alfredo Garré non era neanche lontanamente all'altezza delle smisurate attese dei media locali, vieppiù in rapporto all'assenza di Leandro Paredes, luccicante pepita scuola-Boca. Eppure l'ex-difensore del Ferro Carril Oeste, campione 
del mondo a Mexico '86, contava di rivivere emozioni simili sui campi che 
gli avevano regalato la più grande soddisfazione della sua onesta carriera di calciatore. Non è andata così, e questa undicesima partecipazione argentina sarà ricordata con una delle più anonime di sempre, ancor di più di quella 
del 2009, quando arrivò un identica eliminazione agli ottavi di finale
(2-3 dalla Colombia di Fabián Castillo), ma quantomeno dopo aver vinto due partite nel Gruppo A sull'Honduras (1-0) e la Germania di Mario Götze e Marc-André Ter Stegen (2-1) grazie alle reti di Sergio Araujo 
e le giocate dei 'Millonarios' Ezequiel Cirigliano e Daniel Villalva o del terzino sinistro Nicolas Tagliafico. Non a caso citiamo quest'ultimo, dato che il suo omologo nel ruolo, lo spaesato Marcos Pinto, si è dimostrato inadeguato sin dall'esordio con la Francia (0-3), facendosi umiliare sulla propria banda di competenza dall'agile Nangis. Superata a fatica la Giamaica tre giorni più tardi per 2-1 in virtù della fortunosa rete di Jonathan Silva e della combinazione nello stretto confezionata dal tandem scuola River
Lucas Pugh - Lucas Ocampos (una delle rare note positive, in un fronte offensivo pesantemente menomato dall'assenza di Federico Andrada), l'Albiceleste ha ceduto di schianto al cospetto del Giappone. Paradossalmente, proprio agli sgoccioli di questa disfatta è arrivata una perla dispensata dal piede sapiente di Brian Ferreira, che frustrato dallo scarso movimento dei compagni e soprattutto da un punteggio ormai irrecuperabile ha pensato bene di spolverare il mirino, telecomandando un destro da quaranta metri che si è insaccato beffardo sotto la traversa per l'amaro 1-3 finale. Altro sussulto d'orgoglio nell'ottavo ad alta tensione contro i rivali storici inglesi, in cui l'Argentina è riuscita addirittura a passare in vantaggio sotto il diluvio di Pachuca con il lesto centrale sinistro del Boca Jrs Maximiliano Padilla, pronto a ribadire in rete la solita presa difettosa di Pickford, croce e delizia degli avversari. La prima frazione si è chiusa con il pareggio da fuori area di Sterling, mentre i sudamericani sono stati costretti a soffrire e resistere nella ripresa, con l'espulsione allo scadere del recidivo Pinto. L'andamento un po' beffardo dei decisivi tiri dal dischetto sintetizza bene ciò che è stato tutto 
il torneo dell'Argentina: a seguito dell'ingannevole errore di Clayton, infatti, Gaspár Iñiguez (incontrista) e Agustín Allione si sono fatti ipnotizzare dal sin lì disastroso estremo difensore dei 'Three Lions', consegnando all'Inghilterra una qualificazione comunque meritata.


15° AUSTRALIA [eliminata agli ottavi di finale]
Bilancio: 1 vittoria - 1 pareggio - 2 sconfitte; Gol Fatti = 3 / Gol Subiti = 7
voto 6
Anche i 'Canguri' dell'olandese Jan Versleijen erano presenti per l'undicesima volta ai Mondiali Under 17, qualificatisi al torneo AFC U-16 della Confederazione Asiatica a cui ormai appartengono, grazie alla semifinale raggiunta a Tashkent e persa solo a causa della doppietta di Makhstaliev, leader tecnico indiscusso dei padroni di casa. In quell'autunno di otto mesi fa, il top-scorer scelto dei baby-Socceroos fu Jesse Makarounas (4 reti, una in meno di Khakimov e Minamino), prima punta atipica a suo agio come trequartista e di chiare origini greche, nato a Darwin il 18 aprile 1994 e militante in A-League nel Perth Glory, lo stesso club in cui ha allungato la sua quasi ventennale carriera Robbie Flower, indimenticato cecchino degli anni Novanta ad Anfield Road, ultimamente sbarcato in Thailandia (Muangthong United). Insieme ai compagni Riley Woodcock, Giancarlo Gallifuoco 
(nato a Sydney da genitori italiani, centrocampista di recente invitato dalle nostre parti per sostenere dei provini con Chievo Verona e Lazio) e soprattutto
Luke Remington (mancino molto interessante dei Newcastle Jets), Jesse riuscì a sopperire in fase realizzativa all'assenza dell'altra stellina australiana, quel Dylan Tombides in cui alcuni rivedono movenze e proprietà tecniche nel tocco accostabili all'illustre connazionale Harry Kewell; se non altro, 
i tifosi del West Ham si accontenterebbero di vederlo esordire quanto prima tra i professionisti nella prossima stagione, dato che la retrocessione costringerà 
gli Hammers a ripartire dalla Championship e in particolare dai giovani. 
Il ragazzo ha in effetti lasciato intravedere qualche buon margine di crescita agendo da attaccante di manovra, in particolare nell'esordio vittorioso del 20 giugno a Guadalajara (2-1 sugli ivoriani), quando ha perfezionato la reazione dell'Australia (bravo a calarsi subito nel clima della contesa il neo-entrato Teeboy Kamara, liberiano del '96 sfuggito agli orrori della guerra come Vajebah Sakor) al solito graffio di Coulibaly, sfruttando al meglio 
un prezioso recupero del pallone di Jacob Melling (Adelaide United, mediano classe 1995) e bissando la splendida rete di Makarounas (al 51': uno-due volante con il compagno Hernán Espíndola, esterno destro nativo di Buenos Aires, e pallonetto mancino da fuori area) con un bel dribbling a rientrare sul capitano avversario Jean Thome per poi trafiggere l'estremo difensore Yored Hillel Konate sul proprio palo; simpatica l'esultanza, un sincero 'Happy Birthday Mum' scritto sul parastinchi e mostrato a favore delle telecamere. Inseriti in un girone di ferro, i gialloverdi hanno fatto penare non poco il Brasile, salvato solo da una magia di Adryan ad un quarto d'ora dal triplice fischio finale, prima di condannare la Danimarca con il pareggio (1-1) 
di Remington su pregevole sinistro dal limite all'89', giocando per oltre cinquanta minuti in inferiorità numerica (espulsione di Yianni Perkatis). 
Agli ottavi, l'Uzbekistan si è confermato però autentica bestia nera (0-4: poco 
reattivo il sino a quel momento accettabile Paul Izzo dell'Adelaide United, 
in bambola la catena arretrata di centrosinistra con Woodcock, il "norvegese" 
del Liverpool Tom King Corey Brown - in procinto di firmare col Brisbane Roar -, da censurare l'entrataccia da rosso di Tombides su Mirabdullaev).


16° PANAMÁ [eliminata agli ottavi di finale]
Bilancio: 1 vittoria - 0 pareggi - 3 sconfitte; Gol Fatti = 2 / Gol Subiti = 6
voto 6
Tutto sommato un debutto assoluto onorevole per i Los Canaleros, sull'onda lunga dell'entusiasmo scaturito dall'inatteso podio del CONCACAF U-17
dello scorso febbraio, quando la potente percussione centrale di Alfredo Stephens condannò all'eliminazione la favorita Costa Rica nei quarti di finale disputati nel suggestivo scenario di Montego Bay. La prima, storica vittoria iridata a Mexico 2011 è invece arrivata il 20 giugno all'Estadio Corregidora 
di Querétaro, grazie alle doti da opportunista della rapida seconda punta Jorman Aguilar, implacabile nell'avventarsi sul disimpegno aereo impreciso del burkinabé Issouf Paro e trafiggere al volo Séni Ouedraogo.
Lo stesso Aguilar (Pietro Leonardi ha preso appunti su di lui per il Parma) 
si è ripetuto tre giorni più tardi, disegnando col sinistro una magnifica punizione tagliata dai trenta metri che ha colto impreparato l'estremo difensore ecuadoregno Walter Chávez. Purtroppo, l'inopinata e invero brutale entrata dell'attaccante Omar Browne su Cevallos ad inizio ripresa è costata l'inferiorità numerica fatale, con l'uscita forzata del sin lì positivo Bryan Santamaría (extremo izquierdo dell'Atlético Chiriquí) per Aldair Paredes 
e il presumibile abbassamento dietro la linea della palla per la Marea Roja, anche a causa del calo fisiologico di Darío Wright, in debito di ossigeno: 
il pacchetto arretrato sin lì imbattuto sotto l'ordinata guida di capitan Roberto Chen e del sin troppo "coreografico" Iván Picart si è dovuto arrendere alle folate sudamericane, che hanno ribaltato il risultato in una ventina di minuti (1-2). L'encomiabile combriccola allenata da Jorge Luis Dely Valdés, fratello gemello di quel Julio César nominato "Mejor Deportista Panameño del Siglo XX" dall'IFFHS in virtù delle sue gesta con le maglie di Deportivo Paraguayo, Nacional Montevideo, Cagliari, Paris SG, Real Oviedo e Málaga tra le altre, si è difesa dignitosamente contro la Germania (0-2: niente male Darwin Pinzón, aletta tascabile dello Sporting San Miguelito) e nel susseguente ottavo di finale di fronte ai futuri campioni messicani (medesimo punteggio), lasciando un buon ricordo di sé e la speranza di contribuire alla crescita futura di un piccolo ma fiero movimento calcistico nazionale, il cui unico risultato senior di un certo spessore resta l'exploit della finale raggiunta nella Gold Cup 2005persa solo ai rigori 
ad East Rutherford contro gli stra-favoriti padroni di casa statunitensi.


17° REPUBBLICA CECA [eliminata nella fase a gironi]
Bilancio: 1 vittorie - 0 pareggi - 2 sconfitte; Gol Fatti = 2 / Gol Subiti = 5
voto 5+
Come abbiamo visto, la rappresentanza europea non ha destato grandissima impressione in questa manifestazione, specie se pensiamo che il Vecchio Continente veniva da un doppio podio di due anni fa, centrato dai campioni elvetici e dalla Spagna di Iker Muniain (terza). Una piccola attenuante 
la si può trovare nel fatto che due delle sei rappresentanti erano al debutto assoluto, dato che il Národní Tým di coach Josef Csaplár si presentava per la prima volta come indipendente (a Giappone 1993 si chiamava ancora Cecoslovacchia, selezione in cui sgambettava una giovanissima coppia nativa di Ostrava, quella formata da Libor Sionko e Marek Jankulovski). Ad ogni modo, resta il rammarico per una cocente eliminazione in un girone non impossibile, inaugurato in maniera pessima con la palla persa in malo modo dall'attaccante Patrik Svoboda dopo soli tre minuti e che ha spalancato 
la strada a Guido nel netto 0-3 subito dagli Stati Uniti. Impossibilitati a commettere altri passi falsi, i cechi hanno liquidato con il minimo sforzo la pratica neozelandese, merito esclusivo del sontuoso destro di controbalzo dal limite dell'area scagliato da Lukáš Juliš (1-0), una punta matura sul piano fisico e con buoni fondamentali, capace all'occorrenza di far reparto da solo. 
Il ragazzo, pescato dallo Sparta Praga nel vivaio del piccolo AFK Chrudim 
nel 2009, ha realizzato anche il rigore del momentaneo vantaggio nella terza decisiva sfida con l'Uzbekistan, ma gli asiatici sono poi saliti in cattedra con le loro ripartenze veloci, mettendo in croce le ambizioni della Repubblica Ceca, salvata da un passivo pesante (1-2 il verdetto) solo grazie alle parate di 
Lukáš Zima, pupillo di Silvano Martina acquistato alla vigilia dal Genoa 
e già insuperabile per Tim Payne & C. Resta poco altro da salvare nel complesso, se si eccettua qualche sporadica conferma arrivata dal prestante centrocampista difensivo (e capitano) Nikolas Salašovič o da Ondřej Karafiát, pericoloso sui calci piazzati, e i lampi intermittenti di Aleš Čermák 
e Jindřich Kadula sulle corsie esterne. In generale la squadra ha palesato un'inattesa fragilità difensiva, specie con il pachidermico duo centrale "made 
in FK Teplice" Michael Lüftner-Jan Filip nella prima sfida con gli USA, 
quando si è avvertita l'assenza dello juventino Luboš Adamec. Un dato in controtendenza con il recente passato, visto che la solidità e la concretezza erano stati i maggiori punti di forza del team sia nella Fase Elite, in cui l'Italia di Pasquale Salerno fu clamorosamente eliminata in casa, che negli Europei di Serbia 2011. Per quanto concerne il reparto avanzato, suona un po' stonato il sin troppo parsimonioso utilizzo del fuori-età Dominik Masek (nome inscritto da tempo sul taccuino del Chelsea), uno dei pochi elementi 
in grado di assicurare estro ed inventiva tra i calciatori presenti in rosa.



18° COREA DEL NORD [eliminata nella fase a gironi]
Bilancio: 0 vittorie - 2 pareggi - 1 sconfitta; Gol Fatti = 3 / Gol Subiti = 5
voto 6-
Viste le performances di Giappone e Uzbekistan, sconfitte in successione nell'AFC U-16 2010 (2-1 e 2-0 tra semifinale e finale, entrambe al Pakhtakor Stadium di Tashkent), ci si poteva aspettare un miglior piazzamento dei campioni d'Asia. Probabilmente, non hanno aiutato granché le dichiarazioni un po' troppo ottimistiche dell'allenatore An Ye-Gun, temerario 
nell'imporsi come obiettivo un approdo tra le prime otto squadre del globo... 
Ciononostante, il giudizio sui coreani non può essere negativo, dato che sono stati costretti a misurarsi con avversarie di alto lignaggio nel Gruppo A, chiuso al terzo posto e senza sfigurare. Da segnalare l'esordio con il Messico, quando la peculiare organizzazione tattica ha messo in ambasce la 'Tricolor' 
e sbugiardato i pronostici degli osservatori, sicuri di trovarsi di fronte 
ad una remissiva vittima sacrificale per il vernissage dei padroni di casa. 
Una smentita chiara sin dal terzo minuto, quando l'inserimento ad incrociare del numero dieci in maglia rossa, Jo Kwang (vice-capocannoniere con quattro reti l'anno scorso in Uzbekistan, ex-aequo con Makarounas e Makhstaliev), 
è stato premiato con buona visione di gioco dal mobile attaccante 
Jang Ok-Chol; la papera del portiere Sanchez ha fatto il resto, e così 
i nordamericani si son ritrovati inaspettatamente ad inseguire. 
La poderosa mole di gioco messicana, non abbinata alla necessaria concretezza, ha scalfito in un'unica circostanza l'asfissiante ragnatela asiatica (pareggio di Fierro verso la fine del primo tempo), e come abbiamo visto soltanto l'espulsione del portiere Cha Jong-Hun e il malaccorto tentativo d'anticipo del difensore Jong Kwang-Sok hanno sancito il sorpasso. 
I successivi pareggi con Olanda e Congo (doppio 1-1, in entrambe le circostanze dopo aver sbloccato per primi il punteggio come all'esordio) 
hanno chiuso un'avventura senza vittorie, ma dalla quale è giusto appuntare per il futuro del Paese i nomi del difensore Kim Chol-Bom, i centrocampisti
Ju Chong-Chol e Pak Myong-Song  e soprattutto quello del capitano e metronomo Kang Nam-Gwon, il talento senz'altro di maggior prospettiva tra i ventuno convocati, a prescindere dal bel sinistro in corsa con cui 
ha punito l'immodestia degli 'Oranje' a Morelia.



19° CANADA [eliminata nella fase a gironi]
Bilancio: 0 vittorie - 2 pareggi - 1 sconfitta; Gol Fatti = 2 / Gol Subiti = 5
voto 5,5
Pachuca, 22 giugno 2011 - Estadio Hidalgo: il cronometro recita 86' 03'', l'Inghilterra conduce 2-1 dopo una scialba prima frazione grazie alle reti 
di Morgan e Turgott, inframmezzate dall'effimero pareggio dell'indiano naturalizzato Sadi Jalali, nato a Neu-Dehli il 6 giugno 1995 ed in forza all'Edmonton Juventus Soccer Club dopo i primi calci tirati nel Millwoods SA, bravo nella fattispecie a sfruttare la corta respinta di Pickford su sinistro 
da fuori area del numero dieci Keven Aleman (Toronto FC Academy, prossimo ad accordarsi con il Valladolid). I pratici europei hanno abbassato 
il proprio baricentro per risparmiare energie e far scorrere gli ultimi scampoli del match, mentre i nordamericani non riescono a creare pericoli significativi nonostante la buona volontà messa in campo dallo scattante Yassin Essa (nato a sua volta in Etiopia, fa da supporto a Jalali partendo da una casella più arretrata), l'organizzatore di gioco Bryce Alderson, Michael Petrasso (in orbita Queens Park Rangers) e il milieu de terrain Samuel Piette (FC Metz).
Il portiere Quillan Roberts, non impeccabile in precedenza, cerca con lo sguardo i compagni meglio piazzati in avanti, incedendo a piccoli passi con il pallone tra i piedi senza subire il pressing avversario. Gli spazi sembrano però intasati, così dall'altezza della propria trequarti decide di optare per un lancio calibrato a cercar la sponda della prima punta di origini indiane: la traiettoria è troppo alta, il tentativo in salto è vano... la sfera di cuoio scende placida sul terreno... rimbalza in area di rigore... si impenna... Pickford rimane sul limite dell'area piccola... si accorge troppo tardi di esser fuori posizione, prova 
un disperato tuffo all'indietro... tutto inutile, è GOL! Memorabile, poiché trasforma lo sconosciuto giocatore del Toronto FC nel primo estremo difensore di sempre ad aver realizzato una rete nella fase finale di una competizione mondiale di calcio. Per giunta, il 2-2 finale ha regalato ai 'Canucks' di Sean Fleming il loro primo punto in assoluto nella rassegna iridata, dopo le precedenti quattro partecipazioni (1987 in casa, 1989, 1993 e 1995) in cui 
le spietate statistiche snocciolavano numeri inequivocabili: 12-sconfitte-12, 
3 reti fatte e addirittura 42 incassate... Basta poco per fare la storia, no?



20° OLANDA [eliminata nella fase a gironi]
Bilancio: 0 vittorie - 1 pareggio - 2 sconfitte; Gol Fatti = 3 / Gol Subiti = 5
voto 4
La vera, grande delusione di questi Mondiali. Sbarcata in pompa magna in Messico dopo le scintillanti esibizioni agli Europei, vinti a mani basse e per la prima volta, con la ciliegina sulla torta di un 5-2 inflitto alla forte Germania nella finalissima a Novi Sad, la selezione del CT Albert Stuivenberg era unanimemente considerata alla vigilia una delle candidate più autorevoli al trionfo iridato. Mai pronostico fu più sballato... A prescindere dalla bellezza imprevedibile di questo sport, dove qualsiasi risultato va conquistato sul campo piuttosto che sulla carta, l'aspetto che ha lasciato più perplessi è stato il modo in cui gli Arancioni hanno fallito la loro missione, gigioneggiando senza costrutto con tocchetti sterili e leziosi virtuosismi, dall'alto di una presunta superiorità che ha faticato a palesarsi. Nota ancor più stonata è stata la tenuta della retroguardia, uno dei segreti del successo in Serbia: in quelle due settimane di inizio maggio, infatti, il portiere Boy de Jong riuscì a tenere inviolata la propria porta in ben quattro occasioni su cinque complessive, inchinandosi solo alle comunque inutili zampate di Yesil e Aydin. Emblematica, viceversa, la rete subita all'esordio dal Congo (0-1 clamoroso):
sbilanciati a dir poco in avanti nel tentativo di sbloccare il punteggio su un corner, e nonostante ci fosse a disposizione un'altra abbondante mezz'ora 
per riuscirvi, gli olandesi hanno perso banalmente il pallone all'altezza della trequarti avversaria (leggerezza del numero dieci di origini capoverdiane
Tonny Trindade de Vilhena, in palese difficoltà nell'adattarsi al clima caldo; il tocco morbido con cui asseconda la sua notevole visione di gioco 
è mancato tantissimo rispetto al torneo continentale, ma resta un prospetto 
di gran livello) e non sono rinculati in tempo a proteggere la propria, subendo 
un contropiede quattro contro due (!) senza neanche provare a tendere 
il calappio del fuorigioco per vanificare l'esaltante sgroppata di Mayanith e Kounkou. Riacciuffato per i capelli l'equilibrio nella susseguente sfida con la Corea del Nord (1-1), sfruttando fortunosamente lo scatto vincente di Danzell Gravenberch a raccogliere un involontario lancio dalle retrovie del terzino sinistro Jetro Willems, nell'ultimo appello contro il Messico  le amnesie patite dai difensori sono state, se possibile, ancor più imbarazzanti: sul primo gol, disimpegno senza senso di Terence Kongolo sull'out mancino, cross 
di Bueno e il sostituto dello squalificato esterno destro Daan Disveld
Menno Koch (unica, balbettante presenza nel torneo per il ragazzo del PSV; pochi scampoli anche per i giovanissimi Nathan Aké e Thom Haye), non trova di meglio che ciccare di testa e spalancare la porta davanti a Casillas.
Il capitano in pectore, Karim Rekik, pensa bene di accodarsi alla sagra degli orrori un quarto d'ora più tardi, mancando clamorosamente l'anticipo su Carlos Fierro, servito a centro area da Caballero sugli sviluppi di una rimessa laterale. L'ironia della sorte sta nel fatto che l'affiatata coppia del Feyenoord è sempre stata uno dei punti fermi di questa Under 17, tanto da attirare le sirene inglesi del Manchester City. Punti nell'orgoglio (e verosimilmente strigliati 
in malo modo negli spogliatoi...), i talenti arancioni decidono finalmente di collegare le sinapsi nella ripresa, accorciando le distanze con una punizione 
da mattonella defilata di Memphis Depay (attaccante esterno irresistibile in progressione malgrado una massa muscolare piuttosto sviluppata per la sua età, con colpi importanti nel repertorio, ivi compresa la capacità su palla inattiva di tagliare traiettorie simili alla celeberrima 'maledetta'; inutile specificare che i piedi di Andrea Pirlo e Juninho Pernambucano sono lontani anni luce dalla sua portata, al momento...) e la salita in cattedra di Anass Achahbar, intento a sciorinare il meglio e il peggio del suo bagaglio tecnico. Al 60', infatti, si procura un rigore, prima di sprecarlo tra le braccia di Sanchez; dopo soli tre minuti, conferma la sua attitudine da punto di riferimento imprescindibile per la manovra, con il consueto movimento a venire incontro per liberare gli inserimenti di Kyle Ebecilio, smarcato in bello stile per il pareggio. Per chi non ha già avuto modo di vedere altre partite dell'Olanda, precisiamo che questa tipologia di azione è un vero e proprio marchio di fabbrica, con il centrocampista "box-to-box" dell'Arsenal abile a sfruttare il lavoro di rifinitura dell'atipica punta di origini marocchine (come l'altro mediano Yassine Ayoub, scuola-Utrecht), non di rado incline ad impreziosire i passaggi con colpi di tacco di prima intenzione. Protesi in avanti alla ricerca del gol-qualificazione, gli 'Oranje' hanno però subito l'ennesimo contropiede tre-contro-uno che gli ha messi definitivamente in ginocchio. 
Alla terza partecipazione, i baby-Tulipani non sono dunque riusciti a migliorare il risultato di Nigeria 2009 (eliminazione nel Gruppo C per Stefan de Vrij, Zakaria Labyad, Luc Castaignos, Oğuzhan Özyakup e soci), 
per tacere del gradino più basso del podio centrato a Perú 2005. Cionondimeno, questa generazione 1994-1995 potrà comunque garantire 
un interessante ricambio tra qualche tempo, ma quanta spocchia... 
Un salutare bagno d'umiltà.



21° GIAMAICA [eliminata nella fase a gironi]
Bilancio: 0 vittorie - 1 pareggio - 2 sconfitte; Gol Fatti = 2 / Gol Subiti = 4
voto 5,5
I Reggae Boyz di Wendell Downswell si sono esibiti sul prestigioso palcoscenico mondiale per la seconda volta, a dodici anni di distanza
da New Zealand 1999, edizione poco foriera di soddisfazioni alla luce delle tre sconfitte e la bilancia tra gol fatti e subiti inclinata su un solo lato (0 - 10, rispettivamente). Perso 0-1 l'esordio nel Gruppo B col Giappone in quel di Monterrey, settantadue ore dopo è arrivato un gol inutile ai fini del punteggio (1-2 per l'Argentina) ma a suo modo storico per i caraibici, firmato all'89' dall'esterno difensivo Zhelano Barnes con un sinistro a porta quasi sguarnita dall'uscita del portiere, scavalcato dal cross liftato del centrocampista Cardel Benbow. Una piccola impresa, festeggiata giustamente con profusione d'entusiasmo dai gialloverdi, truppa combattiva e pronta a sopperire con l'impegno e la caparbietà alle evidenti deficienze tecniche. Viceversa, ci si aspettava qualcosina di più da Jason Wright, bomber scelto del CONCACAF U-17 casalingo, a pari merito con il costaricense John Jairo Ruiz e lo yankee Andrew Oliver. Il suo digiuno non ha però impedito ai compagni di  battere un altro record, con il bel congedo da Mexico 2011 in cui è arrivato anche 
il primo storico punto: è stato uno dei migliori in campo, la ficcante ala destra
Andre Lewis, a stoppare una ribattuta difettosa su rimessa dall'out mancino di capitan Omar Duke Holness (Wolmer's Boys School, training camp col Sunderland nella primavera 2009 in compagnia del classe '93 Paul Wilson, su segnalazione di John Barnestra le sue esperienze) e infilare repentinamente di destro il momentaneo vantaggio sulla Francia, costretta nella ripresa 
a rivedere il proprio turn-over ed inserire Yaisien e Nangis per ottenere il pareggio, giunto grazie ad una bella giocata dal limite del solito Benzia (1-1).



22° RWANDA [eliminata nella fase a gironi]
Bilancio: 0 vittorie - 1 pareggio - 2 sconfitte; Gol Fatti = 0 / Gol Subiti = 3
voto 5,5
Forse il vero miracolo sportivo Amavubi si era già consumato nel gennaio scorso, quando gli increduli supporters accorsi in massa allo Stade Amahoro di Kigali avevano cullato sino all'ultimo il sogno di vincere un trofeo per la prima volta nella storia di questo travagliato Paese, incastonato nel cuore dell'Africa Orientale e senza sbocchi sul mare. Il Burkina Faso riuscì a spuntarla dopo un vibrante ed equilibrato confronto, impreziosito dal capolavoro balistico di puro istinto del centrocampista offensivo Charles Mwesigye Tibingana, geniale nello stoppare di collo interno destro all'altezza del vertice sinistro dell'area di rigore avversaria un lancio da centrocampo, calciando poi al volo e ad incrociare sul palo lontano. La promessa dei 'Wasp' ora in forza al Proline FC, squadra di vertice dell' USL (Uganda Super League), è stato anche in Messico l'elemento di spicco dei ventidue ragazzi selezionati dal CT Richard Tardy, sterili in fase offensiva nonostante qualche buon numero tentato dal tridente Justin Mico 
Eric Nsabimana - Heritier Turatsinze e le incursioni generose di Faustin Usengimana e Kabanda Bonfils (a cui è interessato il Nancy). In particolare, nel proibitivo esordio con l'Inghilterra (0-2), si è accusata qualche titubanza 
di troppo, con le gambe africane probabilmente un po' imballate dall'emozione e dal peso del blasone avversario. Il cuore però non è mai mancato, così come il carisma di Jean-Marie Rusingizandekwe (Anderlecht), e il tenore agonistico 
si è innalzato sensibilmente contro l'Uruguay (in coincidenza con il primo gettone di presenza per il tanto atteso Alfred Mugabo dell'Arsenal, tenuto 
a lungo in naftalina al pari di Farouk Saifi Ruhinda), futura finalista ma incapace di trovare il bandolo della matassa e spaventata a dir poco dal palo clamoroso colto dal capitano Emery Bayisenge (Amagaju F.C.) su punizione, prima che il sogno ruandese sfumasse proprio a pochi metri 
dalla linea del traguardo, spezzato dalla fortunosa deviazione di Pais 
a tempo ampiamente scaduto. Il sacrosanto "punticino di consolazione" 
è arrivato all'Estadio Hidalgo di Pachuca il 25 giugno, lo 0-0 con il Canada 
in cui il piccolo funambolo Mwesigye Tibingana (defilato sulla destra come di consueto) ha cercato un altro colpo a sensazione, calciando da centrocampo senza pensarci due volte e impegnando severamente il portiere Roberts.



23° DANIMARCA [eliminata nella fase a gironi]
Bilancio: 0 vittorie - 1 pareggio - 2 sconfitte; Gol Fatti = 3 / Gol Subiti = 8
voto 5-
Confortato dalle piacevoli sensazioni raccolte in Serbia, Thomas Frank 
era pronto a scommettere forte su un piazzamento altrettanto lusinghiero 
del suo gruppo, il primo nella storia della 'Danish Dynamite' a presentarsi 
ai nastri di partenza di un'edizione dei Mondiali Under 17. L'ottimismo dell'allenatore non era poi così infondato, dopotutto; nel maggio scorso, i suoi ragazzi dovettero arrendersi solo alla solidità della Germania in semifinale, lasciando intravedere probabilmente le trame di gioco più ariose ed ispirate dell'intera manifestazione, inaugurata con la vittoria a punteggio pieno
del girone in cui erano inseriti anche i padroni di casa, oltre che Francia 
e Inghilterra. Tirando le somme a bocce ferme, si può ipotizzare che 
la precaria condizione fisica abbia recitato un suo ruolo nella deludente avventura messicana, dove comunque Viktor Fischer s'è confermato essere un talento autentico su cui puntare in chiave futura; non a caso, una società lungimirante come l'Ajax se lo è assicurato da tempo, pescando con fiducia 
in quello stesso Paese da cui due anni fa si fece notare un certo Christian Eriksen (Odense BK, e non scordiamo il coetaneo Nicolai Boilesen). 
Altri ragazzi da tenere d'occhio sono i due centrocampisti Patrick Olsen 
e Lasse Vigen Christensen, centrali d'impostazione dotati nel tocco e piuttosto completi nelle due fasi, potenziali affari low-cost per dirigenti coraggiosi, per tacer di Christian Nørgaard (Lyngby BK) e Pierre Emil Højbjerg (1995, Brøndby IF). Continua a non farci impazzire, viceversa, 
il più reclamizzato Kenneth Zohore, marcantonio mancino impossibile da spostare in area di rigore, ma con bagaglio tecnico ancora piuttosto grezzo, 
per quanto già rodato nel professionismo grazie al minutaggio concessogli 
dal trainer norvegese Ståle Solbakken nel FC København: da rivedere. 
Il vero tallone d'Achille è stata però la staticità dell'intero pacchetto arretrato 
davanti all'altalenante portiere Oliver Korch, naufragato insieme 
al capitano Frederik Holst anche a causa della scarsa collaborazione 
offerta da due terzini incerti come Mads Aaquist e Riza Durmisi 
e soprattutto dal disastroso centrale sinistro Nicolai Johannesen, 
impacciato in marcatura e vittima di frequenti cali di concentrazione.



24° BURKINA FASO [eliminata nella fase a gironi]
Bilancio: 0 vittorie - 0 pareggi - 3 sconfitte; Gol Fatti = 0 / Gol Subiti = 6
voto 5
La cenerentola del torneo. Curiosamente, seppur in gironi diversi, 'Les Etalons' hanno continuato a camminare a braccetto in una traiettoria ideale con i fratelli ruandesi: nel CAF U-17 le due pittoresche nazionali si erano distinte come sorprese assolute nella finale di Kigali, eliminando le ben più accreditate Egitto e Senegal lungo il loro trionfale cammino, mentre sul palcoscenico iridato hanno condiviso il poco gradevole dato statistico di essere le due uniche squadre a non aver segnato neanche una volta nel torneo. Il selezionatore lusitano Rui Pereira era ben conscio di non avere i mezzi a disposizione 
utili a ripetere il  miracolo di Trinidad & Tobago 2001, quando gli stupefacenti burkinabé sconvolsero il mondo battendo ed eliminando
la Spagna di Andrés Iniesta e Fernando Torres nel Gruppo C, 
la Costa Rica nei quarti e l'Argentina di Carlitos Tévez, Javier Mascherano e Maxi López nella finalina per il bronzo (2-0), avendo perso il derby 
contro i vice-campioni nigeriani e solo a causa di un calcio di rigore.
L'attaccante Zaniou Sana (ci sarebbe il Tolosa sulle sue tracce: in effetti, 
è una fiche low cost ed a basso rischio spendibile in Ligue 1) ha provato in qualche modo a ripercorrere le gesta dell'illustre connazionale Wilfried Sanou, eroe di quella cavalcata epica per il suo Paese, ma nonostante le buone intenzioni e qualche sprazzo di discreto livello si è ritrovato troppo poco assistito dai compagni, orfani dell'enfant prodige Bertrand Isidore Traoré (1995 - Auxerre, ma già in odore di Chelsea Academy e nientemeno che di Nazionale Maggiore). Nel 4-4-2 standard disegnato dal portoghese, Sana 
ha agito sia da collante tra il partner Ben Zerbo e il centrocampo in linea nell'esordio con Panamá, che come terminale offensivo principe nello sperimentale 4-2-3-1 con cui si è tentato di adottare lo stesso modulo 
della fortissima Germania (0-3, ma con un rigore generoso e la prematura espulsione di Yaya Bamba qualche minuto dopo). In particolare, Zerbo 
ha pagato l'inefficacia sotto porta contro i centroamericani, vanificando il costante movimento tra le linee del suo collega e sprecando con gravi errori 
di faciloneria le verticalizzazioni geometriche del prestante centrale di centrocampo Abdoul Aziz Kaboré (sotto la lente d'ingrandimento del Valenciennes), gli inviti dell'esterno sinistro offensivo Abdoul Sanou e le elettriche scorribande di Faical Ouedraogo (1995, Kada School: seguito 
dai tunisini dell'Etoile Sportive du Sahel, come Ibrahim Ili). Il congedo all'Estadio Omnilife di Guadalajara contro l'Ecuador è stato affrontato alla pari per quasi tutta la durata dell'incontro, prima che l'uno-due micidiale di Cevallos e Mercado (74' e 76', con due evitabili ingenuità difensive africane) determinasse un 2-0 troppo severo per il Burkina Faso.




Chiudiamo con il nostro 
TOP-11 di Mexico 2011
[4-3-1-2]...




...e la FIFA Top 10 Goals U-17 World Cup México 2011

1. Julio Gómez in GERMANIA-MESSICO 2-3
(Torreón, 7 luglio 2011) 
2. Emre Can in GERMANIA-MESSICO 2-3
(Torreón, 7 luglio 2011) 
3. Souleymane Coulibaly in COSTA D'AVORIO-BRASILE 3-3
(Guadalajara, 26 giugno 2011) 
4. Quillan Roberts in CANADA-INGHILTERRA 2-2
(Pachuca, 22 giugno 2011) 
5. Adryan in GIAPPONE-BRASILE 2-3
(Querétaro, 3 luglio 2011) 
6. Rodrigo Aguirre in URUGUAY-UZBEKISTAN 2-0
(Monterrey, 3 luglio 2011) 
7. Brian Ferreira in GIAPPONE-ARGENTINA 3-1
(Morelia, 24 giugno 2011) 
8. Ademilson in BRASILE-ECUADOR 2-0
(Guadalajara, 29 giugno 2011) 
9. Lukáš Juliš in REPUBBLICA CECA-NUOVA ZELANDA 1-0
(Torreón, 22 giugno 2011
10. Davlatbek Yarbekov in UZBEKISTAN-AUSTRALIA 4-0
(Torreón, 29 giugno 2011)


Marco Oliva per FUTBOLANDIA DREAMIN'


CLASSIFICA MARCATORI

9 RETI
SOULEYMANE COULIBALY (Costa d'Avorio) [1]

6 RETI
SAMED YEŞIL (Germania)

5 RETI
YASSINE BENZIA (Francia) [1]

4 RETI

3 RETI
LEVENT AYÇIÇEK (Germania) [1]
KORAY GÜNTER (Germania)
FUMIYA HAYAKAWA (Giappone)
STEPHEN CARMICHAEL (Nuova Zelanda)
TIMUR KHAKIMOV (Uzbekistan)
ABBOSBEK MAKHSTALIEV (Uzbekistan) 
[1]

2 RETI

1 RETE
MAXIMILIANO PADILLA (Argentina)
LUCAS RAMÓN PUGH (Argentina)
JESSE MAKAROUNAS (Australia)
LUKE REMINGTON (Australia)
DYLAN TOMBIDES (Australia)
JO KWANG (Corea del Nord) 
JU JONG-CHOL (Corea del Nord)
KANG NAM-GWON (Corea del Nord)
DRISSA DIARRASSOUBA (Costa d'Avorio)
JORDAN IKOKO (Francia)
LENNY NANGIS (Francia)
ABDALLAH YAISIEN (Francia)
KAAN AYHAN (Germania)
EMRE CAN (Germania)
CIMO-PATRIC RÖCKER (Germania)
ZHELANO BARNES (Giamaica)
ANDRE LEWIS (Giamaica)
HIROKI AKINO (Giappone)
MASAYA MATSUMOTO (Giappone)
TAKUMI MINAMINO (Giappone)
SHOYA NAKAJIMA (Giappone)
DAISUKE TAKAGI (Giappone)
NAOMICHI UEDA (Giappone)
NATHANIEL CHALOBAH (Inghilterra)
MAX JAMES CLAYTON (Inghilterra)
SAMUEL JOHN 'SAM' MAGRI (Inghilterra) [1]
ADAM MORGAN (Inghilterra)
JORDAN VALE (Nuova Zelanda)
MEMPHIS DEPAY (Olanda)
KYLE EBECILIO (Olanda)
BOBIR DAVLATOV (Uzbekistan)
DAVLATBEK YARBEKOV (Uzbekistan)


AUTOGOL:
CONNOR CHAPMAN (Australia) pro Uzbekistan
JONG KWANG-SOK (Corea del Nord) pro Messico
KIP COLVEY (Nuova Zelanda) pro Giappone


I premi assegnati dalla FIFA


FIFA Fair Play Award
GIAPPONE


Golden Shoe - Best Scorer Award
SOULEYMANE COULIBALY
Golden Glove - Best Goalkeeper Award
JONATHAN CUBERO
Bronze Ball -  Best Player Award
CARLOS FIERRO
Silver Ball -  Best Player Award
JORGE ESPERICUETA
Golden Ball -  Best Player Award
JULIO GOMEZ