mercoledì 31 agosto 2011

Brasile Pentacampeão Under 20 - La classifica finale e le pagelle della FIFA U-20 World Cup Colombia 2011 - Le altre partecipanti



LE ALTRE SEDICI PARTECIPANTI

[ecco il link delle Magnifiche Otto]


9° EGITTO [eliminata agli ottavi di finale]
Bilancio: 2 vittorie - 1 pareggio - 1 sconfitta; Gol Fatti = 7 / Gol Subiti = 3
voto 6,5
Un'uscita di scena che grida ancora vendetta e la soddisfazione di aver fatto soffrire sino agli ultimi minuti le (presunte) superpotenze del Sudamerica, 
il Brasile e l'Argentina: se non altro, i 'Faraoni' di Diaa El-Sayed possono tracciare un bilancio positivo, in cui troveranno ben poco da rimproverarsi. Benché la cesura sia arrivata allo stesso punto del guado (ottavi di finale), 
il gruppo ammirato in Colombia ha convinto molto di più rispetto al biennio scorso, quando nell'edizione casalinga Mostafa Afroto, i carnefici degli Azzurri Ahmed Shoukry e Bougy, Hossam Arafat e il CT ceco Miroslav Soukup si fecero sorprendere dalla Costa Rica di Marco Ureña (0-2). Il fatto che 
i giovani ragazzi venuti dalle Piramidi non avessero alcuna voglia di recitare 
la parte delle vittime sacrificali nel Gruppo E è risultato chiaro sin dalle prime battute, quando sono riusciti a rovesciare l'inerzia del match con il Brasile 
(1-1), grazie ai peculiari scambi nello stretto per vie centrali ed un sistema tattico frizzante e mai banale. E' stato il jolly di centrocampo Omar Gaber 
a riequilibrare le sorti dopo soli quattordici minuti dal vantaggio di Danilo, approfittando di uno svarione clamoroso di quest'ultimo per stoppare d'interno piede il cross dalla destra di Ahmed Sobhy e bucare Gabriel con buona rapidità d'esecuzione (26'). Nella ripresa, il diciannovenne dello Zamalek ha avuto addirittura la possibilità di firmare una rimonta incredibile, ma la frenesia 
nel raccogliere un'intelligente sponda del centrattacco Mohamed Hamdy (manovriero ed abile nelle spizzate, ma scarso feeling nelle finalizzazioni) 
gli ha impedito di centrare lo specchio della porta. Per quanto concerne la fase difensiva, capitan Ahmed El Shenawy (1991, Al-Masry Club: un solo gol subito su azione in tutta la manifestazione) non ha tradito la sua fama di "African Youth Championship Best Goalkeeper", volando all'incrocio dei pali 


per vanificare la botta di Casemiro ed esibendo tutto il suo coraggio nelle uscite, ragion per cui è stato costretto ad abbandonare il campo all'89': buttatosi a terra con efficacia mista ad incoscienza per anticipare il pericoloso Henrique, è riuscito nel proprio intento ma ha rimediato una violenta 
scarpata del gigante Ahmed Hegazy (colonna portante della terza linea), ironicamente accorso in suo aiuto nella fattispecie. Ad ogni modo, tre giorni più tardi ha ripreso il proprio posto a guardia della rete, mentre il compagno 
si è fatto perdonare alla grande nella torrida Barranquilla, staccando imperiosamente su invito da calcio di punizione di Aly Fathy (67'), ottenuto grazie all'ennesima serpentina di Mohamed Salah, un mancino tutto pepe (pare che il Basilea sia interessato a portarlo in Swiss Super League) che ha messo in croce la retroguardia di Panamá (1-0). Non contenti di aver fatto patire il Brasile nello scontro diretto, gli egiziani sono riusciti a metterne in discussione a distanza la leadership in graduatoria, straripando sull'Austria 
(4-0) e costringendo agli straordinari i verdeoro, alla ricerca della miglior differenza reti. Serata di grazia per la stellina più invocata (abbinata alla disastrosa prestazione dell'estremo difensore europeo), quel Mohamed Ibrahim che lo scorso gennaio finì nel mirino del Real Madrid: sbloccato il punteggio al 31' con un tiro dai quaranta metri di Mohamed Sobhi, deviato incautamente da Michael Schimpelsberger, nella seconda frazione il talento dello Zamalek ha brutalizzato gli austriaci in collaborazione con Salah, griffando una tripletta tra il 60' e l'82'. Lo stesso Salah alimenterà al 70' le inutili speranze dell'Egitto contro l'Argentina, trasformando un rigore che puzza di "risarcimento" alla luce degli inaccettabili torti subiti a Medellín; 
il fallo è subito da Saleh Gomaa (1993, Enppi Club), baby-metronomo dall'eccellente tocco in cabina di regia, pur se schierato davanti alla difesa,
meritevole quantomeno di un appunto sul block-notes degli osservatori.


10° ARABIA SAUDITA [eliminata agli ottavi di finale]
Bilancio: 2 vittorie - 0 pareggi - 2 sconfitte; Gol Fatti = 8 / Gol Subiti = 5
voto 6,5
Esperienza e centimetri, soprattutto in area di rigore: ad otto anni dall'ultima partecipazione, in sostanza è quello che è davvero mancato ai 'Figli del Deserto', una delle compagini dall'altezza media più bassa del lotto al pari del Guatemala* (gli unici titolari a superare il metro e ottanta son stati il portiere Abdullah Al Sdairy e il centrale difensivo Mohammed Al Fatil). Per sopperire alle evidenti lacune offensive, il selezionatore Khalid Al Khoroni ha cercato 
di ricreare le situazioni tattiche sperimentate in Cina durante l'AFC Youth Championship 2010, rinunciando ad un riferimento statico in avanti per dar vita a trame di gioco avvolgenti. In questa cooperativa del gol, la variabile impazzita è stato proprio il moto perpetuo dei due piccoletti in prima linea, Yahya Dagriri e Fahd Al Muwallad, uno dei sette classe 1994 della rassegna insieme al costaricense John Jairo Ruiz, il camerunense del Mallorca Hervé Mbega, i neozelandesi Scott Basalaj e Tim Payne ed i nordcoreani Jang Kuk-Chol e Kang Il-Nam. Continui scambi di posizione anche tra i trequartisti laterali, con il duttile mancino Yasir Al Fahmi a segnalarsi come raccordo ideale per il binomio dell'Al Ittihad. Il faro piantato nel cuore del rettangolo verde è invece un altro prodotto delle 'Tigri di Jeddah', Maan Khodary
che ha raccontato di ispirarsi a Juan Sebastián Verón (e non solo per mere questioni tricologiche...) nelle ariose aperture e nei cambi di fronte, ma sa come farsi rispettare anche quando si tratta di far legna e ricorrere alle maniere spicce nel pressing sui portatori di palla avversari. La partenza lanciata degli arabi ha lasciato di stucco un po' tutti gli addetti ai lavori, prodighi di premature lodi alla Croazia, guidata dal piede caldo di Zvonko Pamić, eppur smentiti dopo l'intervallo dal sinistro di prima intenzione indovinato da Al Fahmi (54') e lo scambio negli spazi bradi tra Al Muwallad e Dagriri (69'), a ribadire ulteriormente la loro intesa naturale. Quasi impietosi 
i sauditi nel successivo impegno, quando si sbarazzano senza mai abbassare i ritmi di un inerme Guatemala (6-0): il lancio felpato col sinistro di Khodary ad innescare Dagriri, unito al dribbling a rientrare di Yasir Al-Shahrani 
per poi indirizzare la sfera nel sette e la percussione solitaria di Ibrahim 
Al Ibrahim, conclusa da un destro ad incrociare imprendibile per Padilla, 
sono le esecuzioni che riscuotono i maggiori consensi dell'Estadio Centenario di Armenia, uno scenario in cui si son potute ammirare ben venti reti in quattro gare, grazie all'altrettanto prolifica Nigeria. La sconfitta con gli africani e quella negli ottavi rimediata dal Brasile fanno calare il sipario 
su un'avventura comunque da ricordare, con un'Arabia Saudita finalmente capace di superare la fase a gironi al settimo tentativo nella sua storia.

*= squadra più bassa del torneo (172 cm di media). 
La selezione più alta è stata invece quella inglese (183 cm di media). 


11° CAMERUN [eliminata agli ottavi di finale]
Bilancio: 1 vittoria - 2 pareggi - 1 sconfitta; Gol Fatti = 3 / Gol Subiti = 3
voto 6
L'Africa è stato il Continente che ha maggiormente rispecchiato i valori evidenziatisi nelle qualificazioni locali della scorsa primavera in Sudafrica, laddove i 'Leoni Indomabili' si arresero solo ai nigeriani, dando vita ad una finale al cardiopalma: in svantaggio a causa di Kayode e Nwofor (75' e 80'),
i camerunensi capovolsero in cinque minuti il risultato (82' e 85'), salvo poi subire un'amara beffa nel recupero (90+2' Terry Envoh). In ambito iridato non è stato possibile per l'imperturbabile Martin Ndtoungou Mpilé fare 
di necessità virtù, ovviando alle assenze di due protagonisti di allora come 
il centrale difensivo Vincent Bikana (sbarcato in Svizzera, al Neuchâtel Xamax, direttamente dai brasiliani del Corinthians) e l'ala destra Edgar Salli 
(AS Monaco, classe 1992), MVP di Sudafrica 2011 ed effervescente destabilizzatore degli schemi avversari. Resta comunque inconfondibile l'impronta del CT, finalmente premiato da quel lavoro certosino intrapreso in dieci anni di successi vissuti all'ombra, assistant-coach (e secondo alcune fonti indiscrete, il vero artefice delle strategie tattiche) sia per Jean Paul Akono nel trionfo olimpico di Sydney 2000 che per il tedesco Winfried Schafer durante l'African Cup of Nations in Mali nel 2002, vinta mantenendo inviolata la propria porta in tutte le sei partite affrontate. In Colombia, il tallone d'Achille va ricercato proprio nell'inadeguata concentrazione offerta da Ghislain Mvom (1992, Fortuna Yaoundé), sostituto del succitato Bikana al fianco del leader Banana Yaya (lungagnone da tenere attentamente d'occhio, 
essendo il più futuribile virgulto dell'Espérance Tunisi assieme al lunatico tunisino Oussama Darragi, trequartista nato nel 1987: dotato di fisico possente ed ottima elevazione, all'occorrenza impostabile come schermo protettivo in mediana, con la maglia 'Sang et Or' si sta disimpegnando egregiamente in CAF Champions League ed occupa prevalentemente 
la casella di centrale sinistro al fianco del tunisino Walid Hichri, coppia supportata ai propri lati dai terzini Khalil Chemmam ed il ghanese Harrison Afful, uno stantuffo sulla banda destra proveniente dalla Feyenoord Academy spesso impiegato da esterno alto e coperto alle spalle dal maliano Idrissa Coulibaly o da Sameh Derbalied invero nefasto nel secondo match 
con il Portogallo (0-1), quando ha spalancato la via della rete a Nélson Oliveira al 19' e si è fatto espellere cinquantadue minuti più tardi, scalciando improvvidamente Rui Caetano nel tentativo di rubargli la sfera. Gli errori individuali in retroguardia hanno pregiudicato anche l'esito del debutto, con 
il grossolano retropassaggio del laterale destro Serge Tchaha Leuko (1993) 
ad insaccarsi lento ed ineluttabile alle spalle dell'altrettanto distratto Jean Efala, per un pareggio molto beffardo ottenuto dalla Nuova Zelanda (1-1), messa alle corde per quasi tutta la durata dell'incontro. Il Camerun, infatti, 
ha dominato la contesa all'Estadio Olimpico Pascual Guerrero, ispirato dalle buone idee dei centrocampisti Yazid Atouba Emane (Canon Yaoundé, 1993) e il mancino Clarence Bitang (Astres Douala, 1992), che dal basso 
del suo metro e sessantotto è riuscito più volte ad innescare il duo offensivo formato da Christ Mbondi (autore del gol) e l'interessante Franck Ohandzaun ossesso poco concreto al momento del dunque ma abile 
nel tenere sempre sul chi va là i marcatori diretti, potendo disporre 
di un tiro secco ed efficace da svariate posizioni (e con entrambi i piedi). 
Nella vittoria sull'Uruguay (1-0), le due mobili punte in maglia verde hanno più volte sfiorato il colpo del KO, esibendosi poi in una pregevole rifinitura 
per l'inserimento vincente di Emmanuel Mbongo, giovanissimo campione nazionale con il Cotonsport de Garoua alla seconda chance da titolare; 
i tre sono stati i migliori in campo, al pari dei solidi Yaya e Franck Kom
con il prospetto del Real Zaragoza Yann Songo'o ad offrire dalla panchina ventisette minuti molto intensi (con tanto di base alta della traversa colta 
su un cross dalla fascia). A dir poco stregato l'ottavo di finale col Messico, arginato dagli interventi stilisticamente rivedibili ma benefici di Efala e dal brio di Ohandza, autore di un bel destro al volo (79') per il momentaneo, brevissimo vantaggio. L'emozione nella lotteria dagli undici metri 
ha però giocato un brutto scherzo ai Lions, in un filotto davvero poco 
invidiabile: tre errori su tre occasioni per lo stesso attaccante venuto 
dalla Thailandia (parato), Idriss Nguessi (traversa) e Mbondi (palo, 
lo stesso che aveva sbagliato il penalty con i neozelandesi, in quel caso 
ribattuto nella porta sguarnita dal tuffo dello sfortunato Marinovic).



12° ECUADOR [eliminata agli ottavi di finale]
Bilancio: 1 vittoria - 1 pareggio - 2 sconfitte; Gol Fatti = 4 / Gol Subiti = 4
voto 6
Canovaccio affascinante quello proposto da Sixto Vizuete, guida tecnica di una selezione che saliva per la seconda volta sul proscenio iridato, a dieci anni di distanza da Argentina 2001, quando il team di Roberto Miña, Jorge Guagua, Segundo Castillo e Jorge Vargas s'inchinò solo alla futura finalista, il Ghana. Laureato in Lettere, abilitato all'insegnamento in Educazione Fisica, dotato di tesserino arbitrale ed idolo in patria alla luce della medaglia d'oro nei XV Pan American Games - Rio de Janeiro 2007, il versatile entrenador de Latacunga ha schierato gli uomini a disposizione in un cangiante 4-3-3, spesso vicino al "4-1-4-1 alla colombiana" che tanto successo ha riscosso nell'ultimo decennio là nel Paese attraversato dall'Equatore. La squadra si era guadagnata il quarto posto nel Sudamericano Sub-20 grazie alla miglior difesa della competizione, registrata con buoni meccanismi davanti all'arquero John Jaramillo, stavolta meno efficace del solito ma pur sempre un'accettabile garanzia 
per i compagni. Fernando Gaibor (mediano bifase con tempismo negli inserimenti e velocità di pensiero: il destro calibrato ed il prezzo contenuto giustificherebbero quantomeno un sondaggio esplorativo all'Emelec...) e Christian Andres Oña (da mesi nel mirino di Inter, Palermo e Genoa, 
ma ancora troppo compassato per il calcio europeo) hanno assicurato 
un discreto filtro, per quanto il torneo del giovanissimo elemento in forza all'Independiente José Terán sia durato solo 155', a causa della doppia ammonizione rimediata con la Spagna. In questo match, i centrali difensivi John Narváez (Deportivo Cuenca, seguito dall'Atalanta 
in aprile) e il capitano Dennys Quiñónez (classe '92, utilizzabile anche in seconda linea) hanno perso un po' le distanze nella ripresa, infilzati negli spazi troppo larghi lasciati alle invenzioni di Tello e Canales; non male, invece, 
il cursore di destra Mario Pineida, più attivo in fase di spinta rispetto ad Edder Fuertes. D'altronde, quest'ultimo aveva l'incarico di restare più bloccato per coprire le zingarate anarchiche di Marcos Caicedo, un'ala sinistra vecchio stampo magari discontinua, ma se in giornata inarrestabile per qualunque dirimpettaio; devastante nella prima frazione con gli iberici, in generale 
è stato uno dei migliori esterni alti della manifestazione. C'è il suo zampino 
sia nel pareggio con l'Australia (1-1), quando si distende sulla fascia destra 
per accentrarsi ed impegnare severamente Mark Birighitti, impotente 
poi sul tap-in di Juan Govea, sia nello schiacciante 3-0 su Costa Rica
quando mortifica le esigue speranze di recupero avversarie intravedendo un superbo corridoio da centrocampo a smarcare il potente centravanti Marlon De Jesus, doppiettista di giornata. La vittoriosa esibizione con i 'Ticos' 
ha posto all'attenzione generale un valido sostituto di Oña, quel Dixon Arroyo già puntello flessibile in Perú, ed ha regalato una meritata occasione a Brayan de la Torre, il laterale destro (in origine classico 'volante' basso, convertitosi in mezz'ala di spinta) che ha prima sfiorato il gol personale, favorendo la ribattuta vincente di Edson Montano (2'), e poi ha disegnato un'invitante traiettoria su calcio d'angolo, permettendo a De Jesus di sbloccarsi con il pezzo forte del suo repertorio (stacco in elevazione al 13'), 
per poi lasciare il posto a Juan Cazares nella ripresa. La staffetta con il talentino del River Plate, una delle carte potenzialmente più spendibili nel ricambio generazionale dei prossimi anni 'Tricolores', si è ripetuta anche 
nella susseguente sfida alla Francia, laddove l'Ecuador ha sciupato almeno 
quattro ghiotte occasioni, graziando di fatto le incertezze di Jonathan Ligali.




13° COREA DEL SUD [eliminata agli ottavi di finale]
Bilancio: 1 vittoria - 1 pareggio - 2 sconfitte; Gol Fatti = 3 / Gol Subiti = 4
voto 6+
Non sempre la spavalderia viene premiata in questo sport, 
specie se le dichiarazioni alla vigilia non tengono conto del valore 
degli avversari che ci si ritroverà ad affrontare. Lee Kwang-Jong 
si era prodigato a ventilare le sue ambizioni senza alcuna ritrosia,
convinto di poter ripetere l'impresa di ventotto anni fa (medaglia di legno 
in Messico nel 1983, acuto prestigioso della nazionale asiatica più presente 
alla rassegna) ed entrare nella ristretta élite che ingloba le prime quattro 
squadre del mondo a livello giovanile. L'efficiente allestimento tattico, 
un 4-4-2 compatto e sempre pronto ad accorciare gli interstizi eventualmente 
sguarniti, ha accusato oltremisura l'assenza di un terminale credibile, con la punta di diamante Ji Dong-Won (vice-capocannoniere della Coppa d'Asia - Qatar 2011) ormai a completa disposizione della Selezione Maggiore 
di Cho Kwang-Rae (per tacer di Son Heung-Min dell'Amburgo, una delle scommesse più intriganti del panorama asiatico contemporaneo, tanto da ritoccare il quasi quarantennale primato di Manfred Kaltz come "youngest scorer ever in Bundesliga" per gli anseatici in data 30 ottobre 2010 al RheinEnergieStadion di Colonia), ed il "francese" Lee Yong-Jae spesso abbandonato al suo destino, oltre che troppo generoso nei movimenti a tagliare il fronte offensivo per non perdere lucidità in fase di finalizzazione. 
Come se non bastasse, una sorte non propriamente benigna si è divertita 
a far gravare il peso dell'eliminazione su quello che forse è stato il giocatore 
più performante dell'intera rosa, Kim Kyung-Jung (1991, Korea University)
esterno destro dalla propulsione indefessa e tecnicamente non disprezzabile, 
che ha posto fine all'interminabile maratona con le 'Furie Rosse' iberiche
(0-0 nei tempi regolamentari) sparacchiando in tribuna il suo rigore. 


In precedenza era stato il suo intraprendente corrispettivo sull'out mancino, Lee Ki-Ke, a vanificare l'errore dello spagnolo Koke. I due laterali avevano inaugurato con buona lena il loro torneo, ergendosi ad assoluti protagonisti contro il Mali (2-0), la prima sfidante nel Girone A sconfitta sotto una pioggia battente grazie al prodotto della Korea University e all'impeccabile trasformazione dal dischetto del capitano Jang Hyun-Soo, centrale difensivo non velocissimo ma dallo spiccato senso della posizione, cardine del proprio reparto insieme a Hwang Do-Yeon (Chunnam Dragons), infortunatosi 
con gli africani e costretto ad abbandonare la rassegna nell'intervallo. 
Qualche polemica mediatica è sorta riguardo l'utilizzo troppo parsimonioso 
della seconda punta mancina Jung Seung-Yong, top-scorer col succitato 
Ji Dong-Won sul palcoscenico continentale nell'Under 19 ed uno dei pochi membri della rosa capace di scatenare scintille che infrangessero un po' 
la piattezza di schemi monocordi. In quest'ottica, ha suscitato una buona impressione il piede morbido di Kim Young-Uk, mortifero sui calci piazzati 
e sempre sveglio nel cercare la giocata più appropriata per velocizzare 
la manovra dei 'Taeguk Warriors'e quello altrettanto ben calibrato 
del compagno Baek Sung-Dong (i nipponici dello Jubilo Iwata stanno 
seguendo le sue tracce), il quale si è trovato sovente ad agire in posizione 
defilata per poi sbizzarrirsi con sortite individuali di pregevole fattura.



14° INGHILTERRA [eliminata agli ottavi di finale]
Bilancio: 0 vittorie - 3 pareggi - 1 sconfitta; Gol Fatti = 0 / Gol Subiti = 1
voto 5
La tentazione di affibbiare ai 'Three Lions' il voto più basso è stata francamente irresistibile, ma il superamento del Gruppo F "merita" un pizzico di considerazione. Per la prima volta nella storia, una squadra è riuscita ad approdare agli ottavi di finale con un magrissimo bottino costituito da tre 
0-0 consecutivi, un record difficilmente eguagliabile e di cui dubitiamo 
Brian Eastick possa vantarsi al rientro in patria. Il coriaceo tecnico federale, va detto, non ha riscosso grande collaborazione dai club locali, 
che gli hanno negato ben trentasei opzioni eventualmente convocabili 
(giusto per citare qualche nome, in questa fascia d'età ci sarebbero giocatori come Jack Rodwell, Nathaniel Clyne, Frank Nouble, Nathan Delfouneso, Jack Wilshere, Phil Jones, Jonjo Shelvey, John Bostock, Connor Wickham, Joshua McEachran, Alex Oxlade-Chamberlain, 
quel Ross Barkley recentemente salito agli onori delle cronache all'esordio 
in Premier League con la maglia dell'Everton, etc...), a cui si sono aggiunti 
gli infortuni di Ryan Noble, Blair Adams e Dean Parrett nell'arco delle gare. 
Ma l'imbarazzante pochezza degli albionici non è in alcun modo giustificabile, alla luce di una manovra talmente priva di mordente ed inventiva da far impallidire qualsiasi sforzo d'ottimismo sull'esito finale; in un certo senso, 
aver raggiunto la fase ad eliminazione diretta sembra quasi un miracolo, o se preferite una gentile concessione di avversari troppo spreconi (messicani in primis). L'unico accento positivo se l'è meritato Jack Butland (ancor più 
del colosso centrale Nathan Baker in forza all'Aston Villa e dell'accorto terzino destro Adam Smith, a cui i riflessi dell'argentino Andrada hanno negato la possibilità di concretizzare la discesa palla al piede intrapresa da Michael Ngoo), portiere di prospettiva che ha scongiurato in più di una circostanza passivi molto pesanti, abbassando letteralmente la saracinesca sotto i colpi del Messico e di un incredulo Guarch, incapace di sorprenderlo persino sul tiro dagli undici metri causato dal macchinoso Reece Wabara (1991, Manchester City). Come si può intuire dai numeri inequivocabili, la fase offensiva (?) 
è stata un pianto greco, con l'evanescente Callum McManamangeneroso 
e nulla più, decentrato a sinistra nel 4-2-3-1 sin dal vernissage con la Corea del Nord (il match forse più noioso dell'intero Mondiale), gara il cui tasso tecnico ed emozionale ha spesso rasentato il grottesco. Pochi sussulti anche dai colleghi di reparto, laddove la boa Saido Berahino (classe 1993, scappato otto anni orsono dagli orrori bellici del suo Burundi ed accolto nella Youth Academy del West Bromwich Albion) ha offerto scarso appoggio innanzi alla trequarti, viste le qualità tecniche non eccelse, nel tentativo di schiudere varchi utili agli inserimenti dei compagni, in primis Billy Knott (1992, al Sunderland dopo aver bazzicato per lo Stamford Bridge), che almeno una palla in fondo 
al sacco è riuscita a depositarla con l'Argentina... peccato sia partito in posizione di fuorigioco. Con il 'Red Devil' Reece Brown e capitan Jason Lowe 
ad occuparsi esclusivamente della distruzione del gioco avversario, 
il solo Matt Phillips (ora in Championship, a seguito di una scalata dalla quarta serie con il Wycombe Wanderers che lo ha proiettato al Blackpool, 
il fulgido 'Tangerine Dream' di Ian Holloway) ha provato a sprigionare 
dalla destra la sua potenza, in una squadra troppo brutta per essere vera.




15° COSTA RICA [eliminata agli ottavi di finale]
Bilancio: 1 vittoria - 0 pareggi - 3 sconfitte; Gol Fatti = 6 / Gol Subiti = 12
voto 6+
Ci sarebbe da fare una media quasi aritmetica per valutare l'avventura dei Ticos, nello specifico tra il 7 guadagnato dal pacchetto avanzato e il 5 (forse qualcosina in meno...) per una retroguardia davvero lontana da un'efficienza accettabile, spesso vittima di amnesie al limite dell'amatorialità. Troppo gravi le manchevolezze di Jordan Smith (Le Havre B, Francia) ed il terzino sinistro Joseph Mora, i centrali messi a (presunta) protezione di Mauricio Vargas, ossia Ariel Contreras e capitan Ariel Soto (a tratti involontariamente comici), con quest'ultimo costretto a lasciare la fascia al centrocampista Yeltsin Tejeda (1992, irrinunciabile interdittore dalla personalità debordante) per esser rimpiazzato ancor peggio da Francisco Calvo al cospetto di Australia (un autogol, tra le altre "perle"...) ed Ecuador; impossibile, insomma, provare a ripetere il miracolo del 2009 (Costa Rica ai piedi del podio), disponendo di uno schieramento messo in crisi addirittura sulle situazioni di rimessa laterale. Sull'altro fronte Rónald González Brenes, ex difensore con trascorsi nell'allora Jugoslavia ed in Austria, ha cucito un vestito dalla pregevole fattura sulle movenze feline di Joel Campbellun talento vero non a caso acquistato in fretta e furia dall'Arsenal, spossato dagli impegni troppo ravvicinati (compresa la Copa América, quando finalmente il cosiddetto "calcio che conta" si è accorto di lui...) ed inevitabilmente discontinuo nel rendimento, ma dai guizzi baluginanti scovati in un repertorio piuttosto completo, a cui va aggiunta l'abilità nelle punizioni a giro dal limite dell'area, vedasi la traversa ancora tremante dell'Estadio Nemesio Camacho. Considerevole la leadership 
in mediana del regista Juan Golobio (ennesimo prospetto del Deportivo Saprissa*, una fucina indiscussa), trascinatore geometrico nella giocata, dotato di visione di gioco periferica eppur disponibile nel randellare alla bisogna per recuperare palla e far ripartire l'azione in transizione. 
I suoi due assist per John Jairo Ruiz a penetrare come lama nel burro Spagna e Colombia sono lampi di classe sfarzosi, rubati direttamente dal manuale della verticalizzazione in campo aperto. 'El Correcaminos(un soprannome che è tutto un programma: significa 'Roadrunner', il simpatico uccello tutto sprint della serie di cartoni animati Wile E. Coyote) pare abbia conquistato la dirigenza del Palermo e del Lille OSC, ripagandosi con gli interessi della parziale delusione di Jamaica 2011, dove l'Under 17 si fece sorprendere da una percussione del panamense Alfredo Stephens e pregiudicò la qualificazione ai Mondiali di categoria, nonostante l'aleatorio titolo di capocannoniere. Il ragazzo è una scheggia nell'attaccare la profondità 
e dettare il passaggio, correndo come un dannato sulla banda destra ma, ovviamente, deve ancora limare molteplici sfaccettature sul piano tecnico e disciplinarsi; dopotutto, stiamo parlando di un diciassettenne, comunque 
già in grado di scavalcare nelle gerarchie Diego Calvo (1991, Alajuelense)
Buoni margini ha lasciato intravedere anche un compagno già approdato 
in Europa, Mynor Escoe, il cui torneo è stato impreziosito da un assist dal fondo per la doppietta di Campbell ai 'Socceroos' e la straordinaria iniziativa coast-to-coast che ha rischiato di estromettere anzitempo i padroni di casa.

*= il club più rappresentato a Colombia 2011, insieme ai nordcoreani 
del 4.25 Sports Team, con sette giocatori convocati.



16° GUATEMALA [eliminata agli ottavi di finale]
Bilancio: 1 vittoria - 0 pareggi - 3 sconfitte; Gol Fatti = 1 / Gol Subiti = 12
voto 6-
Sarà un luogo comune noto e ritrito, ma il calcio è davvero strano: 
così può accadere che una selezione fragile a voler essere magnanimi possa costruire su un unico gol in trecentosessanta minuti il suo piccolo capolavoro, i cui artefici vengono oggi accolti in patria con peana ancor più roboanti 
di quelli che hanno salutato la vittoria finale del Brasile. E non potrebbe essere altrimenti, in quello spicchio di terra incastonato tra l'Oceano Pacifico 
e il Mar dei Caraibi, esaltatosi in passato solo nel confinante Honduras per il NORCECA 1967 e la Coppa delle Nazioni UNCAF 2001, le uniche coccarde in circa un settantennio d'esistenza calcistica, se eccettuiamo il quarto posto in CONCACAF Gold Cup (USA 1996, trionfo del Messico alle spese del Brasile). 
I ragazzi di Ever Hugo Almeida, un tempo portiere, uruguagio naturalizzato paraguaiano, avevano già riscritto la storia del proprio Paese nella primavera scorsa, allorquando il commovente pubblico locale esaltò il mancino Gerson Lima ed il partner Henry López per eliminare i favoriti statunitensi e centrare per la prima volta un appuntamento iridato. Sbarcati in Colombia sulle ali di un trasognato entusiasmo, i sodali del brevilineo guardiano dei pali Mynor Padilla (che ha rubato il posto al coetaneo José Carlos García dalla seconda partita) hanno pagato lo scotto impietoso dell'inesperienza, mostrandosi troppo spavaldi nell'azzardare la tattica del fuorigioco, con capitan Elias Enoc Vasquez (già nel giro della Nazionale Maggiore) istigato a mantenere la linea alta per allontanare le folate di Nigeria ed Arabia Saudita. Con tali presupposti, 'La Azul y Blanco' sembrava destinata a ritoccare il record di peggior difesa di sempre, stabilito dall'Indonesia nel 1979; anche gli asiatici, infatti, partirono con uno 0-5 dall'Argentina di Maradona e uno 0-6 della Polonia sul groppone, e fu la Jugoslavia a finire l'opera (ancora 0-5). Viceversa, una compagine slava ha regalato stavolta una serata memorabile a Marvin Ceballos, celere nell'approfittare di un rinvio del portiere non raccolto dal subentrato Gabriel Navas, sbloccando finalmente il punteggio d'esterno dopo il palo clamoroso di Abner Bonilla (su un suo cross) e un balzo di puro istinto del croato Delac a strozzare in gola le urla festose dei guatemaltechi. I riflessi acerbi di Padilla per poco non permettono un altro miracolo negli ottavi, quando l'estremo difensore del CSD Comunicaciones riesce solo a toccare il penalty calciato da Nélson Oliveira, frutto di uno scellerato fallo dello spaesato terzino sinistro (e compagno di club) 
José Manuel Lemus, richiamato in panchina repentinamente per palese inettitudine. Malgrado l'amarezza sia calata su Vasquez, Navas e Kevin Norales (il giocatore più basso della rassegna, con i suoi 161 centimetri), autori di conclusioni pericolose verso la porta difesa da Mika nel forcing dell'ultima frazione, resterà il ricordo indelebile di un'esperienza da raccontare ai nipotini.




17° NUOVA ZELANDA [eliminata nella fase a gironi]
Bilancio: 0 vittorie - 2 pareggi - 1 sconfitta; Gol Fatti = 2 / Gol Subiti = 3
voto 5,5
Un ritorno incoraggiante a questi livelli per gli 'All Whites', alla seconda 
recita mondiale dopo il trittico di sconfitte inanellato in Canada nel 2007. Nonostante la presenza di Aaron Clapham e Jeremy Russell Brockie 
(la promessa Michael McGlinchey, allora al Celtic, in quell'occasione difese i colori della Scozia, per poi scegliere quelli neozelandesi nella carriera senior), futuri componenti del gruppo che ha umiliato l'Italia campione in carica 
a Sudafrica 2010, i ragazzi scelti da Stu Jacobs si resero protagonisti di un esordio davvero di bassa caratura, segnando un unico gol a fronte dei cinque subiti da Portogallo, Gambia e Messico. La nota di continuità con lo scorso quadriennio è rappresentata proprio dall'inserimento nello stesso girone dei lusitani, vittoriosi anche in questa circostanza ma la cui maggior sofferenza nello scalfire l'equilibrio degli oceanici, ben disposti da Chris Milicich, può apparire come indizio sintomatico dei netti progressi compiuti dall'intero movimento. Una discreta tenuta difensiva è stata assicurata dal corpulento centrale James Musa (nativo di Plymouth, Inghilterra, in forza al Bradford City) e soprattutto dal 'tedesco' Stefan Marinovic, argine estremo perspicace nel coprire lo specchio della porta sfruttando i centimetri che madre natura 
gli ha donato, ed autentica bestia nera per Camerun (un rigore neutralizzato, 
tra gli altri tempestivi interventi) ed Uruguay, fiaccate dalle sue lunghe leve. 
Per contro, elettroencefalogramma piuttosto piatto in avanti, laddove al quartetto del Waitakere United formato da Sean Lovemore, Ethan Galbraith, 
Tim Payne e Dakota Lucas (vice-capocannoniere del vittorioso OFC U-20 Championship casalingo nell'aprile passato, quando andò in rete in tutti 
i quattro impegni; il 3-0 alle Isole Salomone, il 10-0 alla Nuova Caledonia, il 6-0 su Fiji e il 3-1 in finale, ancora con i 'Pacific Brazilians'; 
a prescindere dalle statistiche, è risultato essere uno degli elementi più intraprendenti, con capitan Nick Branch e l'esterno mancino Andrew Milne) 
ha risposto Andrew Bevin, l'unico in grado di siglare un gol oltre all'autorete dell'africano Tchaha, gettandosi in tuffo su cross dalla destra dell'ala tornante di origini cilene Marco Rojas per eguagliare Jack Pelter (2007, 1-3 coi succitati messicani), l'altro marcatore nella storia della Nuova Zelanda.




18° URUGUAY [eliminata nella fase a gironi]
Bilancio: 0 vittorie - 2 pareggi - 1 sconfitta; Gol Fatti = 1 / Gol Subiti = 2
voto 4,5
Al pari di inglesi e croati, la delusione più eclatante di questa edizione. 
In un'estate tinteggiata di Celeste, con l'Under 17 sorprendente finalista nei Mondiali di categoria e la Nazionale Maggiore a castigare la presunzione 
(e l'assurda gestione tecnico-tattica improvvisata da Sergio Batista...) degli acerrimi rivali argentini, sorpassati a domicilio nella graduatoria storica delle vittorie in Copa América, i freschi vice-campioni sudamericani di Perù 2011 non hanno fornito le risposte che Juan Verzeri auspicava. Se può apparire comunque accettabile il pareggio al debutto di fronte al solido Portogallo (0-0) nello scenario di Cali, risultato inevitabile per un attacco spuntato a causa della defezione di Adrian Luna (squalificato), è difficile assolvere la squadra dalle evidenti colpe con Nuova Zelanda (1-1) e Camerun (0-1), avversarie tutto sommato alla portata eppur affrontate con blanda convinzione. Il capitano Diego Polenta si è confermato essere il miglior talento in assoluto presente in rosa, e non a caso il Barcellona sta provando 
a soffiarlo al Genoa negli ultimi scampoli di calciomercato; ormai a suo agio anche nello spot di terzino sinistro, talvolta reinventato come mediocampista 
di lotta e di governo nel settore nevralgico del campo, ha impensierito i lusitani con una fucilata dalla trequarti, infrantasi sulla base superiore della traversa. Scarsi responsi positivi, invece, dalla coppia centrale formata dal ben più reclamizzato Leandro Cabrerasin troppo confidente nelle sue doti vista 
la pigra sicumera manifestata, e soprattutto Guillermo de los Santos 
(Club Atlético Cerro), deleterio in taluni frangenti. Considerate le loro 
contraddittorie prestazioni dinnanzi a Salvador Ichazo (1992, Danubio: 
affidabile guardameta, già ben comportatosi nella Suwon Cup di maggio 
in Corea)oltre al minutaggio garantito sulla fascia destra a Ramón Arias 
del Defensor Sporting si sarebbe potuto concedere qualche spazio in più 
anche al compagno di club Federico Platerolo scorso gennaio vicino 
ad un Bologna in cerca di alternative credibili a Miguel Ángel Britos. 


Poca gloria per gli altri "italiani": Pablo Ceppelini si è ritrovato spesso defilato inspiegabilmente sulla fascia, non riuscendo quasi mai a garantire 
il surplus di qualità che ci si aspettava da lui, vilipeso peraltro dall'incubo personale Marinovic, che gli ha negato almeno due volte la via della rete; Federico Rodriguez ha annusato il campo per soli cinquantuno minuti complessivi, mal supportato dai compagni nell'unica presenza da titolare 
con gli africani e lasciato mestamente negli spogliatoi dopo l'intervallo; 
il neo-palermitano Ignacio Lores ha messo insieme appena quarantasette giri di lancette in più, partendo dall'inizio solo con il Portogallo prima 
di lasciare il suo posto a Ceppelini. Con Ángel Gabriel Cayetano a far legna 
in mediana, sarebbe dovuto toccare ai deludenti Matias Vecino (accordatosi di recente con il Nacional, lontane radici genealogiche a Torella del Sannio, 
è un giocatore poliedrico come pochi, che merita attenzione in chiave futura)
Camilo Mayada l'onere di pigiare l'interruttore in fase offensiva, ma a conti fatti si sono salvati dal naufragio generale soltanto David Texeira (César David Texeira Torres, un nome da circoletto rosso: nato a Salto 
il 27 febbraio 1991, è un centravanti dal fisico compatto 183 x 80, capace però di garantire un gran movimento sul fronte offensivo; pare che gli olandesi 
del Groningen possano ricorrere a lui per sostituire lo sloveno Tim Matavž
a sua volta in procinto di accettare la corte serrata del PSV Eindhoven) 
e Luna con le sue accelerazioni, per inciso coloro che hanno confezionato 
con un'apprezzabile triangolazione rapida l'unica rete realizzata. 
Una Celeste dalle tonalità più che mai sbiadite, bocciata senza appello.



19° AUSTRALIA [eliminata nella fase a gironi]
Bilancio: 0 vittorie - 1 pareggio - 2 sconfitte; Gol Fatti = 4 / Gol Subiti = 9
voto 5
Assiso sulla tolda dell'Australian Institute of Sport Football Program dal 2008, quando fu chiamato a rimpiazzare quella gloria locale rispondente al nome di Steve O’Connor, l'olandese Jan Versleijen è forse arrivato al capolinea della sua esperienza da factotum nelle selezioni giovanili. Il lavoro del giramondo cinquantaseienne da Venlo (fuori dalla sua patria, ha accettato incarichi in panchina tra Giappone, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti), infatti, ha parzialmente convinto i vertici federali: se i 'Joeys' (l'Under 17) avevano riscosso qualche favore in Messico nel mese di luglio, raggiungendo quantomeno gli ottavi di finale con Luke Remington, Jesse Makarounas e Dylan Tombides (a cui recentemente è stata diagnosticata una forma tumorale ai testicoli: un sincero in bocca al lupo per la guarigione) sugli scudi, 
questi 'Young Socceroos' ammirati in Colombia hanno fatto storcere non poco il naso degli osservatori. Raffazzonata coesione difensiva nel Girone C 
di Manizales, sommata all'incapacità dei centrocampisti di far girare il pallone con raziocinio, ed un capitan Ben Kantarovski davvero lontano da una forma fisica accettabile. Nato a Newcastle nel 1992, origini macedoni, il ragazzo monitorato dal Bayern Monaco era presente anche nella spedizione egiziana del 2009 come il collega di reparto Rhyan Grant, il difensore Sam Gallagher 
e l'attaccante laterale Kofi Danning, forse ancor più deludente alla luce 
delle tre sconfitte patite con Repubblica Ceca, Costa Rica e Brasile. 
In Nord Africa c'era anche l'elemento più convincente nella breve settimana vissuta in Sudamerica, quel Tommy Oar protagonista in Eredivisie 
(un gol e un assist il 27 agosto, nella vittoriosa sfida con il Roda JC Kerkrade) ed unico uomo in campo realmente capace di dare una scossa positiva in termini di fantasia. Il mancino dell'Utrecht ha firmato il misero punticino messo in cassaforte dai 'Canguri', beffando all'89' sul proprio palo 
il portiere ecuadoregno con una punizione dai trenta metri (prodezza in cima alla lista della FIFA Top 10 Goals U-20 World Cup Colombia 2011), per poi ripetersi inutilmente nel successivo impegno con Costa Rica su rimessa 
di Grant dalla destra prolungata da Kerem Bulut (26'). Quest'ultimo si era laureato capocannoniere dell'AFC U19 Championship nell'ottobre cinese, trascinando la sua squadra in finale con sette reti, ma ha lasciato intravedere le sue doti solo nella sconcertante sconfitta con la Spagna, in avanti di quattro gol dopo diciotto minuti e colta in fallo solo da una sua valida idea al 27', quando si è involato sul rinvio del portiere Mark Birighitti ed ha segnato la rete della bandiera a seguito di un doppio dribbling ad eludere Jorge Pulido e l'uscita bassa di Pacheco. Piuttosto indicativo sottolineare che quest'azione 
sia stata il singolo lampo di una batteria in prima linea quasi mai pericolosa, orfana dell'incisività di Mathew Leckie (1991, Borussia Mönchengladbach), fiacca nel nigeriano naturalizzato Bernie Ibini-Isei (i due 'inglesi' Matthew Fletcher - Sunderland, 1992 - e Corey Gameiro - Fulham, 1993 - non sono mai scesi sul rettangolo verde), e che si aspettava diversi riscontri dall'ancora giovanissimo trequartista d'origine afghane Mustafa Amini (altro classe '93, 
in prestito al Central Coast Mariners direttamente dal Borussia Dortmund).



20° PANAMÁ [eliminata nella fase a gironi]
Bilancio: 0 vittorie - 1 pareggio - 2 sconfitte; Gol Fatti = 0 / Gol Subiti = 5
voto 5,5
Il rapporto tra José Alfredo Poyatos e la Fepafut (Federacion Panamena de Futbol) si è interrotto consensualmente nelle ore susseguitesi all'eliminazione dalla rassegna iridata, quarta presenza di sempre per la Marea Roja
Eppure, i giovani centroamericani sono riusciti ad ottenere il secondo punticino della loro storia, che fa il paio con il pareggio del 2007 nell'esordio con la Corea del Nord (0-6 dall'Argentina e 1-2 dalla Repubblica Ceca 
a chiudere la loro kermesse, con alla guida l'attuale selezionatore della Nazionale Maggiore Julio César Dely Valdés), in un bilancio complessivo fatto di zero vittorie e dieci sconfitte, a fronte di quattro reti realizzate e venticinque subite. D'altronde, e malgrado i piccoli passi in avanti compiuti nella decade che ha inaugurato il terzo millennio, sarebbe stato utopistico pretendere un esito diverso dall'avventura colombiana, per un gruppo classificatosi quarto nel 2011 CONCACAF Sub-20 in Guatemala
(finale di consolazione persa con i padroni di casa ai rigori, a causa dell'errore decisivo di Jairo Jimenez) e tutto sommato onorevolmente fatto fuori dai futuri campioni del mondo ed un Egitto tecnicamente superiore. 
I Canaleros si sono distinti per un'insospettabile compattezza difensiva, con 
i due centrali Edward Benitez (1991, Chorrillo FC) ed Harold Cummings 
(di un anno più giovane, convocato tra i Senior per la Gold Cup di giugno ed in forza al River Plate Montevideo, in Uruguay) allineati a buona guardia di capitan Luis Mejia, 'El Manotas', un portiere spericolato in uscita bassa e piuttosto esperto nel piazzamento tra i pali, segnalatosi nel Tauro Fútbol Club e quest'anno in prestito al Tolosa (Francia) dal Centro Atlético Fénix 
(Primera División Uruguaya anche per lui). Sfortunatamente, allo 0-0 strappato all'Austria ha fatto seguito un'imprecisione fatale con l'Egitto (0-1), 
laddove i Faraoni hanno sfruttato le difficoltà dei terzini Josue Flores 
(1993, altro prodotto de 'La Fiebre Amarilla' di Balboa, troppo spavaldo nelle discese sulla destra per poter garantire una congrua copertura) ed Eric Davis (1991, CD Árabe Unido), autore del fallo da cui è scaturita la punizione 
che ha smarcato Hegazy al 67'. Nel match disputato all'Estadio Metropolitano Roberto Melendez, si è potuta finalmente sciogliere la curiosità di vedere
Alan Hernandez, subentrato quattro minuti prima del gol ad uno spento Manuel Vargas ed audace nel raccogliere l'invito di tacco del numero dieci Josimar Gomez sulla banda destra, saltare tre avversari mediante un doppio passo accompagnato da dribbling stretto ed esterno indirizzato verso 
la porta, di poco alto sulla traversa. Rimasti ancora a secco Javier Caicedo e Gabriel Avila, il talentino del Chievo Verona è partito nell'undici titolare con 
i brasiliani, confezionando un assist per il concittadino José Diego Alvarez (1992, prelevato appena maggiorenne dallo Slavia Praga, dopo aver sostenuto provini in Argentina con Tigre, Newell's Old Boys e Gimnasia LP, oltre che con gli iberici del Real Murcia), la cui trasformazione è stata annullata 
per offside. Sul fronte offensivo, è stato il più atteso Cecilio Waterman 
a confermare le referenze positive sul suo conto, cogliendo una traversa 
su imbeccata del mancino José Gómez a punteggio ormai acquisito.



21° COREA DEL NORD [eliminata nella fase a gironi]
Bilancio: 0 vittorie - 1 pareggio - 2 sconfitte; Gol Fatti = 0 / Gol Subiti = 6
voto 5
Strano destino, quello del Chollima (cavallo alato della mitologia locale, capace di percorrere mille miglia al giorno, la cui statua campeggia fieramente a Pyongyang dal 1961, anno in cui fu eretta come omaggio agli operai delle fabbriche d'acciaio ed alla loro vertiginosa produttività tra le macerie del 
post-disastro bellico) nordcoreano: con totale simmetria rispetto all'Under 17, anche i ventuno sbarbatelli selezionati da Jo Tong-Sop hanno ottenuto 
la poco ambita palma di peggior squadra asiatica della rassegna iridata, 
pur presentandosi ai nastri di partenza come campioni continentali in carica. Piuttosto impervio indagare a fondo sul fenomeno secondo cui i progressi evidenti del movimento nella Repubblica Democratica Popolare di Corea riescano a palesarsi maggiormente in ambiti più circoscritti, sciogliendosi come neve al sole sui palcoscenici planetari; chissà che non possa essere annoverata tra le ragioni quell'assurdo isolamento voluto dalla dittatura totalitaria di Kim Jong-il, il ridicolo ed anacronistico 'presidente perpetuo' 
che soffoca da anni le speranze di rinnovamento di un intero popolo. 
La desuetudine ad ambientarsi in habitat del tutto dissimili dal proprio orticello, murato ed asserragliato in maniera drammatica, è una motivazione plausibile per coraggiosi ragazzi capaci di vincere a mani basse con i padroni di casa della Cina (2-0), i "cugini-rivali" del Sud (2-0) 
e l'Australia (3-2), grazie ad una talentuosa coppia offensiva formata da
Pak Song-Chol Jong Il-Gwan (MVP assoluto dell'AFC U-19 Championship 2010, con tanto di tripletta in finale), trasfiguratisi in agnellini spauriti in Sudamerica, quasi terrorizzati nell'arrischiarsi in soluzioni 
che esulassero dal compitino imparato a memoria negli allenamenti. 
Lapalissiano arguire che l'inserimento in un girone insidioso (altra similitudine con l'Under 17 ) non abbia certo dischiuso rosee prospettive in sede di sorteggio sin da aprile; a seguito dell'indecoroso obbrobrio simil-calcistico messo in scena in collaborazione con l'Inghilterra (0-0, terzo pareggio 
di sempre, andatosi ad accodare a quelli con Panamá e Repubblica Ceca 
di Canada 2007), la Corea si è ritrovata sul proprio terreno accidentato Argentina e Messico, indubbiamente fuori dalla portata. Impossibile, poi, cercare un'impresa quando il tuo estremo difensore Om Jim-Song ne combina di cotte e di crude ed addirittura il capitano Jang Song-Hyok, colui il quale dovrebbe esercitare la sua leadership morale per infondere sicurezza ai compagni, nel tentativo di liberare l'area di rigore dagli assalti dello scatenato messicano Dávila finisce col centrare in pieno Ri Yong-Chol per il più esilarante degli autogol. La gracile struttura fisica dei due attaccanti li ha resi facili prede dei difensori posti a loro guardia, ma nonostante ciò (e l'espulsione rimediata nel giro di pochi minuti da uno spazientito Pak Song-Chol con l'Albiceleste) i loro nomi restano comunque cerchiati in rosso sul taccuino che tornerà buono nel prossimo futuro per il ricambio generazionale in Nazionale Maggiore, al pari di quelli di Mun Hyok, Han Song-Hyok (entrambi classe 1993) e del baby-terzino Kang Il-Nam, il cucciolo della covata (23/11/1994).




22° AUSTRIA [eliminata nella fase a gironi]
Bilancio: 0 vittorie - 1 pareggio - 2 sconfitte; Gol Fatti = 0 / Gol Subiti = 7
voto 5-
Non si potevano presentare ulteriori istanze di intercessione alla dea 
bendata, già sin troppo magnanima la scorsa estate con i colori alpini. 
Il terzo posto nel Girone A, strappato per il rotto della cuffia nelle ultime battute del match-spareggio con l'Olanda (1-0, Djuricin su rigore all'87') 
agli Europei, e dopo aver incamerato due nette sconfitte con Inghilterra 
(2-3, in rimonta) e Francia (0-5), era valso un imprevisto ritorno al Mondiale di categoria, a quattro anni di distanza dall'ancor più miracoloso esito di Canada 2007, con il Das Team a sfruttare un calendario abbordabile per arrampicarsi sino ai piedi del podio iridato. Gli uomini di Andreas Heraf non erano oggettivamente in grado di tenere con particolari velleità il prestigioso palco sudamericano, soprattutto dovendo rimpiazzare gli attori classe 1992 che nella kermesse continentale avevano dimostrato il loro valore, quali 
il terzino sinistro bavarese David Alaba, Marco Djuricin (Hertha Berlino) 
e Christoph Knasmüllner (Internazionale FC), ai quali si sarebbero potuti aggiungere magari Aleksandar Dragović (1991, Basilea, ormai punto fermo del giro maggiore con il CT Dietmar Constantini), Martin Hinteregger (altro '92, Salisburgo) o i "baby-tedeschi" Raphael Holzhauser e Dominik Burusic (1993: Stoccarda e Bayern Monaco i club d'appartenenza). I limiti austriaci erano sotto gli occhi di tutti, con uno schieramento poggiato sulle possenti spalle di Andreas Weimann, che ha provato con generosità a far pentole 
e coperchi in attacco, vista l'esangue apporto dei colleghi Radovan Mitrovic (1992, Utrecht, trequartista riadattato per colmare le lacune della prima linea) e Robert Zulj (stesso anno di nascita, SV Ried, un perticone poderoso ma decisamente scoordinato nelle movenze: da schiaffi il modo in cui ha sprecato l'assist del compagno di proprietà dell'Aston Villa, che lo ha messo davanti al portiere panamense). Per il resto della truppa, c'è da segnalare solo qualche spunto di Patrick Farkas sulla destra ed Emir Dilaver sul fronte opposto, mentre si doveva pretendere maggior vivacità dai centrocampisti Robert Gucher (in compartecipazione tra Genoa e Frosinone) e Daniel Offenbacher, troppo timidi ed artificiosi nel gestire la sfera. Agghiacciante l'andamento del congedo dalla rassegna, laddove l'Austria si è giocata come peggio non poteva le proprie chances di qualificazione, annichilita in difesa dalle triangolazioni strette degli egiziani (0-4) e con lo sventurato Samuel Radlinger (1992, Hannover 96: il giocatore più alto di Colombia 2011, con i suoi 198 cm) 
a vivere la peggior serata della sua breve carriera, neanche fosse costretto 
ad esibirsi con una saponetta in mezzo ai guanti in quel di Cartagena



23° CROAZIA [eliminata nella fase a gironi]
Bilancio: 0 vittorie - 0 pareggi - 3 sconfitte; Gol Fatti = 2 / Gol Subiti = 8
voto 4,5
Chi aveva scommesso su un eventuale ruolo da outsider recitato dai Vatreni, sarà rimasto perlomeno sconcertato dalla magra figura rimediata nel Gruppo D. La tipica indolenza slava, innestata in un complesso di per sé tutt'altro che trascendentale, non ha permesso al CT Ivica Grnja di emulare il suo unico predecessore partecipante alla manifestazione, quel Martin Novoselac che portò i vari Stipe Pletikosa, Anthony Seric, Andre Mijatovic, Jurica Vranjes, Igor Budan e Sasa Bjelanovic a giocarsi gli ottavi di finale in Nigeria nel 1999, contro il Brasile di Ronaldinho (0-4 il risultato). E pensare che la prima frazione del debutto con l'Arabia Saudita aveva esaltato la concretezza del mediano Arijan Ademi (1991, Dinamo Zagreb: lontane discendenze albanesi per lui, nato e cresciuto calcisticamente in quel di Sibenik, la città della leggenda cestistica nazionale Drazen Petrovic), la fantasia di Mario Ticinovic (1991, Hajduk Split, un talento precocissimo, scovato nel 2004 dal NK Junak Sinj) e la peculiare versatilità da centrocampista 'box-to-box' del compagno di club e coetaneo Franko Andrijasevic, l'acume nella distribuzione del gioco di Filip Ozobic (1991, Spartak Mosca) e soprattutto le abilità balistiche di Zvonko Pamic, un autentico pericolo pubblico sui calci piazzati, con quelle stesse traiettorie ad effetto tagliente che avevano già messo in ginocchio il Portogallo ai Campionati Europei di Francia 2010 
(tripletta da urlo nel sonante 5-0 che condusse i 'Blazers' alle semifinali, perse poi con i padroni di casa). Il brusco risveglio dall'intervallo, con Al Fahmi 
a scoprire disattento dai trenta metri Matej Delac, non favorito nella circostanza da un rimbalzo fasullo, ha avuto sulla squadra un effetto da zugzwang, precipitandola da un minuto all'altro in una sorta 
di buco nero psicologico da quale non è più riuscita a trascinarsi fuori. 
I croati son costretti ad alzare bandiera bianca al cospetto delle inafferrabili gazzelle nigeriane, con il solo Pamic a pennellare da fermo le parabole che permettono ad Ivan Lendric (il quale, dopo aver vinto la classifica cannonieri del campionato bosniaco, sembra essere sempre più vicino 
allo Sporting Braga), su sponda aerea di Ademi, e Andrej Kramaric 
(promosso nella Prima Squadra dei 'Modri' dal 2009/2010, una stagione che inaugurò rifilando una doppietta al NK Medjimurje Cakovec nel 4-0 casalingo del 1° agosto 2009, alla prima da titolare; quest'anno ha trovato meno occasioni per mettersi in mostra) di alleviare un passivo che pesa come un macigno (2-5). Ancor più insostenibile il gravame posatosi sulla coscienza negli attimi successivi all'ultima sfida con il Guatemala, con le assenze degli stessi Pamic e Kramaric che si rivelano determinanti, nonostante l'impegno profuso dai sostituiti Frano Mlinar (1992, NK Lokomotiva Zagreb) ed Anton Maglica (1991, NK Osijek, autore di un pregevole colpo di tacco per smarcarsi dai difensori avversari nell'ultima azione, vanificata però dall'uscita del portiere Padilla), nel farsi eliminare da una volenterosa ma senz'altro battibile formazione, con Ceballos a beffare il posizionamento blando di Roberto Puncec (1991, NK Varaždin, fresco di biennale con il Maccabi Tel Aviv).




24° MALI [eliminata nella fase a gironi]
Bilancio: 0 vittorie - 0 pareggi - 3 sconfitte; Gol Fatti = 0 / Gol Subiti = 6
voto 5
L'allenatore Cheikh Fantamady Diallo Sekou aveva previsto molte delle difficoltà che i suoi ragazzi avrebbero incontrato al di là dell'Atlantico, 
a prescindere dallo sfavorevole sorteggio che li ha immessi nello stesso raggruppamento dei padroni di casa, i campioni d'Europa in carica ed una delle squadre asiatiche più temibili del lotto. Come nel torneo continentale 
in Sudafrica della scorsa primavera, 'Les Aigles' si sono messe in luce con individualità interessanti, purtroppo non amalgamate tra di loro in un concetto corale di manovra, ed invero lente nel calarsi sin dal primo minuto all'interno del clima agonistico richiesto. Inoltre, l'esuberanza atletica e l'incapacità di dosare il vigore nei tackle ha oscillato come una spada di Damocle sul capo degli africani, costantemente penalizzati dalla situazione cartellini (due espulsioni in tre partite, entrambe decisive, ed una ridda di ammonizioni per interventi mai cattivi, ma al minimo scomposti). Paradossalmente, l'unico giocatore a mostrare doti d'altruismo è stato l'accentratore del gioco, ossia quel colosso d'ebano dalle gambe sottili nomato Kalifa Coulibaly, pivot centrale d'area di rigore, in cui comunque non ama stazionare in maniera statica, spaziando sul fronte offensivo per schiudere ai compagni le praterie giuste in cui inserirsi, soprattutto per il partner Cheikh Diarra (1992, Stade Rennes B), più basso di almeno venti centimetri e poco cattivo sotto porta. Torneo opaco, invece, per il sodale al PSG Kalifa Traoré (1991, altro traliccio di 188 centimetri), la cui evitabile espulsione durante il match con la Colombia ha definitivamente affossato 
le residue speranze di recupero. Tra gli altri "francesi" presenti nella rosa dei ventuno convocati, citato l'attaccante dell'Auxerre Ibrahima Diallo (1991) scarsamente utilizzato, quello che si è distinto maggiormente è stato Adama Toure, che con la sua vocazione offensiva ha ostentato discrete intuizioni 
al pari di Amara Malle, finendo suo malgrado al centro di un episodio 
da moviola: falciato da dietro ed a ridosso della zona calda da Cabezas, 
ha ottenuto un penalty sul finire del primo tempo, salvo poi vederselo negare dal cambio di decisione dell'ungherese István Vad, che ha optato nel giro 
di pochi frangenti per una punizione dal limite. Molto lento il pacchetto arretrato, anche a causa delle lunghe leve e la massa muscolare di cui molti interpreti erano dotati: con Boubacar Sylla (1991, LB Châteauroux) a sfangarsela dignitosamente, ed il capitano Amara Konate (1992, AS Real Bamako) un po' arruffone sulla sinistra, i centrali classe 1992 Mohamed Traoré (Cercle Olympique Bamako), Moussa Coulibaly (Stade Malien) e Mohamed Konate (Djoliba AC Bamako: sua l'espulsione che ha pregiudicato l'ultima mezz'ora con i transalpini, sino a quel momento messi in difficoltà dalle motivazioni africane) si sono fatti sorprendere svariate volte alle loro spalle, aprendo squarci ghiotti per gli avversari davanti al portiere Cheick Abdoul Cadri Sy (altro '92 del Djoliba, rivedibile in presa). Le Aquile giallorossoverdi tornano dunque in Africa Occidentale con in saccoccia un tris di 0-2, tutto sommato ingeneroso rispetto alle prestazioni fornite in questa quarta partecipazione della loro storia; certo appare preistoria calcistica l'edizione di Nigeria 1999, quando il top-scorer Mahamadou Dissa, Abdoulaye Camara, Mamadou Bagayoko, Tenema Ndiaye e la cerniera mediana Mahamadou Diarra-Seydou Keita si spinsero oltre le colonne d'Ercole 
dei quarti di finale, laggiù sino al terzo gradino del podio, maramaldeggiando 
su Uruguay (tanto nel Girone D quanto nella finalina per il bronzo; da sottolineare la presenza di Diego Forlan ed Ernesto Chevanton), Portogallo, Camerun (ai rigori) ed i padroni di casa, arrendendosi solo ai campioni 
della Spagna (prima firma per Xavi; curiosamente l'altra sconfitta, 
nella fattispecie indolore, arrivò ancora dalla Corea del Sud). 




Arrivederci a TURCHIA 2013 e NUOVA ZELANDA 2015...


Marco Oliva per FUTBOLANDIA DREAMIN'